Intransigenze
       
      Omaggio a Vladimir Nabokov.
       
 

 

 

INSECTS AND INCESTS di Bobbie Ann Mason

L'ARCOBALENO NERO DI VLADIMIR NABOKOV di Alan Jay Edelnant

LA LINGUA CHE CAMMINA di Stefano Bartezzaghi

       
   

INSECTS AND INCESTS

di Bobbie Ann Mason

versione inglese (originale)

traduzione dall’inglese di Livia Lo Presti

L’estratto è la traduzione di una parte del quarto capitolo di un saggio dell’autrice che analizza le metafore “botaniche, vegetali e naturali” in “Ada”. Il saggio, inedito in Italia, si intitola “Nabokov’s Garden, a guide to Ada”, 1974, Ardis Inc. Ann Arbor, Michigan USA (ancora reperibile presso Amazon). © 1974 by Ardis Inc.

Nel 1884, nel corso del pic nic per il suo dodicesimo compleanno, Ada fa un rapido gioco di anagrammi in uno scambio di battute con Grace Erminin, amica del vicinato. Ada, l’artigiana di parole, trasforma con abilità la parola insect datale da Grace, in incest e poi in scient, parole che lasciano perplessa l’altra ragazzina. L’anagramma insect-incest ci dà un’importante chiave di lettura nel romanzo, ed è utilizzato anche come precisa tecnica stilistica nel capitolo del pic nic.
Il romanzo è intriso di questi capovolgimenti ed inversioni – l’“Albero della Conoscenza” di Ardis, Terra e Antiterra, i tropici e il Nord America, inoltre il gioco “Mascodagama” messo in atto da Van che cammina sulle mani, come “una metafora in equilibrio sulla testa” [200].
L’uso che Nabokov fa di queste inversioni ha un effetto ironico e ciò dipende dal fatto che Van, il narratore, non intuisce le loro implicazioni: non capisce che la sua performance “Mascodagama” (1) nella quale lui cammina fiero a testa in giù, è lo sconvolgente emblema del suo solipsismo, del suo capovolgimento della realtà. Quando al picnic egli danza sulle mani, segnala l’emergere del tema dell’incesto – incesto come forma invertita (o anormale) di sessualità. Van sta invertendo la naturale cornice di riferimento di Ada e sta adescando la ragazza in una versione sottosopra del Giardino dell’Eden. Ada scoppia in lacrime quando vede la sua danza e né lei né il fratello capiscono le cause profonde di questa reazione – e cioè che Van sta stimolando la curiosità sessuale dell’adolescente con l’allettante e nefasta promessa dell’incesto. Per Van vedere il mondo sottosopra è una sorta di eccitante scommessa estetica ma rimane a sua volta perplesso quando “le macchioline da penna di pavone che il tappeto gli lasciava sui palmi sembravano il riflesso di un mondo nascosto e variopinto che lui avesse scoperto per primo”. [200] L’incesto ad Ardis può svilupparsi esclusivamente in un “mondo sotterraneo”, non solo perché le abitudini convenzionali non permettono che l’incesto venga praticato apertamente ma, cosa più importante, perché l’incesto di Van e Ada è solipsistico. Quando i due entrano in questa dimensione, essi si avventurano nel loro anti-mondo privato.
Lo svilupparsi del tema dell’incesto è collegato genialmente alla metafora dell’insetto che Van usa per rivendicare l’incesto. La giovane Ada ha un grande interesse per gli insetti e di conseguenza Van vede se stesso come una farfalla ed a volte come una larva “avvolta nel suo bozzolo”, o mentre “punzecchia” Ada col suo delizioso veleno, o mentre “si nutre” del fiore Ada. Perciò Van usa l’immaginario legato alla natura per legittimare l’incesto ma l’esibizione nelle vesti di Mascodagama mette a repentaglio il suo obiettivo. Egli non comprende il legame fra la sua danza e la metafora dell’insetto. Per spiegare in che senso Mascodagama sia simile ad un insetto occorreranno alcune informazioni preliminari sull’uso letterario che Nabokov fa delle farfalle e del mimetismo degli insetti. [...]

   

La falena catturata da Nabokov nel 1942, secondo le sue osservazioni, quando si posa riesce a far sì che le estremità delle sue ali imitino la forma della sua testa così da sembrare capovolta ai suoi predatori. Questo aspetto del mimetismo è utilizzato artisticamente ed è fondamentale in "Ada", poiché lo stesso Mascodagama si comporta in questo modo. Van, trasformatosi in un misterioso artista da circo, Mascodagama, suscita terrore nel suo pubblico appena entra dalle quinte, spaventando i bambini e facendoli gridare.

Nella cruda luce che illuminava un vivace tappeto balzava dalla penombra un gigante mascherato, alto quasi due metri e mezzo, che si metteva a correre veloce nei suoi morbidi stivali da ballerino cosacco. Un ampio mantello nero e ruvido del tipo burka avvolgeva la sua silhouette inquiétante... dal collo alle ginocchia, o almeno da quelle che sembravano essere le corrispondenti sezioni del suo corpo la cui sommità era coperta da un cappello di astrakan. Una maschera nera nascondeva la parte superiore del volto barbuto. Lo sgradevole colosso camminava su e giù per il palcoscenico senza smettere di pavoneggiarsi, finché l’andatura sussiegosa non si trasformava nella ronda senza respiro di un recluso; solo allora, dopo una piroetta, un’esplosione di cembali nell’orchestra e un grido di terrore (forse simulato) nel loggione, Mascodagama faceva una capriola in aria e ricadeva a testa in giù.
In questa bizzarra posizione, con il cappello che faceva da tappetino elastico, si metteva a saltare come su un trampolo a molla, poi all’improvviso si capovolgeva e la faccia di Van, luccicante di sudore, sorrideva tra gli stivali di feltro che ancora rivestivano le sue braccia levate. Contemporaneamente i suoi veri piedi davano un calcio alla falsa testa con il cappello deformato e la maschera barbuta. Il magico capovolgimento "toglieva il respiro a tutto il teatro"
[198-199]

Van cammina sul palco a grandi falcate sulle mani, imitando se stesso nella postura naturale; quando si rigira è in piedi ed imita se stesso come se fosse capovolto. Il “magico capovolgimento” non è dissimile dalla tipica strategia difensiva della farfalla Thecla togarna, descritta da Wolfgang Wickler in Mimetismo animale e vegetale:

Quando questo lepidottero è in posizione di riposo con le ali riunite, i margini esterni delle ali, rivolti verso l’alto, soprattutto se osservati dall’alto, hanno l’aspetto particolarmente impressionante di occhi emisferici sporgenti, che per giunta portano macchie bianche simili a fari. Le false antenne all’estremità delle ali sono biancastre, allargate e danno l’impressione di appendici con rigonfiamenti luccicanti. A queste si aggiungono però alcune altre sorprendenti singolarità di comportamento. Appena si è posata, la farfalla fa urtare l’una contro l’altra le ali posteriori, cosa che provoca l’abbassamento e il sollevamento delle false antenne, mentre le antenne vere e proprie rimangono immobili. Contemporaneamente, la farfalla si sposta di alcuni passi in direzione della testa vera; una forma affine, Deudoryx, si sposta invece in direzione della falsa testa. Thecla esegue inoltre uno strano movimento, al momento di posarsi; si gira precipitosamente in modo da rivolgersi con la testa finta dalla parte dalla quale è arrivata... Quindi, Thecla togarna trae in inganno non soltanto con la falsa testa, ma anche voltandosi quando si posa. [69] (2)

Van paragona la sua esibizione atletica al tipo di eccitazione estetica che deriva dall’essere “una metafora in equilibrio sulla testa”, ma non associa coscientemente la sua azione Mascodagama con le metafore della farfalla che usa nella sua narrazione. Van non sa che in realtà lui stesso incarna la metafora della farfalla capovolta, mentre si avvale di quella tratta dal mondo naturale per giustificare l’incesto. Descrivendo il suo amore per Ada nei termini di attrazione di una farfalla per un fiore, non si accorge che l’insetto che lui ha in mente usa appunto quella tecnica – simula se stesso diritto mentre in realtà è capovolto. La metafora, sotto il controllo superiore dell’autore che ha dato vita a Van, disegna un gioco sottile su quest’ultimo: è la situazione che è sottosopra, in fin dei conti, e proprio per ciò che concerne la sessualità tra fratello e sorella. [...]

Il larvario di Ada e la sua passione per l’allevamento sono frutto del suo naturale desiderio di procreazione, una predilezione che trova un’analogia nelle orchidee che lei incrocia con grande interesse. Anche se Van usa la metafora della farfalla a scopi erotici, l’argomento della riproduzione lo infastidisce. L’insegnante di Ada, il Dott. Krolik (di cui Van è sospettoso e geloso), porta un nome non comune (3). Krolik è il termine russo per “coniglio” ed è noto che i conigli sono tradizionalmente associati alla fertilità. Agli occhi di Van il larvario di Ada è una “conigliera nobilitata” [68] e i bruchi vivono in gabbie confortevoli. La famiglia di Krolik è una “vera garenna di Krolik collaterali” [418] e nella libreria, durante il loro primo rapporto sessuale, Ada a carponi ricorda a Van una “piccola indigena che imita un coniglio” [136]. Appena Ada rimane invischiata nell’incesto i suoi più elementari desideri di normalità vengono messi in secondo piano. Alla morte di Krolik, Ada mette tutte le pupe vive nella bara e sospende ogni suo interesse per i lepidotteri. Ma conigli e farfalle riemergono nel nome del cugino di Krolik, un ginecologo dal quale Ada si reca per un test di gravidanza (test da conigli?). Il nome del ginecologo è Dott. Seitz, (o "zajac", come lo traslitterava lei, mentalmente, nella pronuncia russa, annettendolo al gruppo leporino del dottor Rabbit) [245]
A. Seitz è l’autore di Die Gross-Schmetterling der Erde, un’enciclopedia di lepidotteri che Nabokov descrive con piacere in Parla, Ricordo come un “prodigioso libro illustrato” (4) che lo divertì nella sua infanzia (la pronuncia “leporina” - zajac o zaets significa coniglio - collega i conigli con i lepidotteri).
Nel diario di Ada del 1884, le parti dedicate all’entomologia sono magnificamente descrittive e scientifiche: “La testa retrattile e le diaboliche appendici anali del mostro sgargiante prodotto dalla pudica vinula appartengono a un bruco non troppo bruco[69] e le Carmen Tartarugasono creature deliziose, di una bella sfumatura color giada e con aculei d’argento, che si riproducono solo su una specie estinta di semi di salice d’alta montagna[69]. Ma la lettura di Van di quei passi è ossessiva. Quando, novantenne, cita nella Cronaca il “Si, urrà!” dal diario di Ada, afferma: “la tua scrittura a guance tonde, mio amore, era un po’ più larga ma, a parte questo, niente, niente, niente è cambiato[69]. Insistendo sulla sua delusione, Van nega implicitamente la metamorfosi che il suo uso delle immagini di farfalla dovrebbe necessariamente implicare. Il larvario di Ada e le descrizioni di questo nel suo diario, creano un sistema di immagini per la relazione fra Van e Ada. Van vede le farfalle in modi che creano analogie con l’erotismo fra uomini, ma l’enfasi costante è sulla metamorfosi frustrata – le pupe sepolte di Ada, il sogno perduto del larvario, lo sterile risultato della loro relazione tra fratelli.
Il capitolo del picnic, che viene poco dopo la visita di Van al larvario di Ada, sviluppa il complesso paragone tra insetti e incesto, con un accento ironico al tema della metamorfosi. Il picnic per il dodicesimo compleanno di Ada, una stravagante ed antiquata escursione familiare nella pineta di Ardis, ha luogo quando i desideri ancora sopiti dei due bambini stanno emergendo. Durante il picnic, queste emozioni vengono velocemente ed in vari modi alla superficie del racconto. Il capitolo - nel contenuto e nella tecnica - è incentrato sulla transizione e sulla trasformazione, sul rapido cambiamento di identità e sulle sottili inversioni. Il gioco-anagramma che trasforma “insetto” in “incesto” rivela lo slittamento di Ada da una innocente curiosità per gli insetti ad una pericolosa curiosità per l’incesto. Al picnic, Greg (il gemello di Grace Erminin) la cui fisionomia è “trasposta, lasciando invariato ogni tratto, nell’aura di sua sorella” [94], indossa i vestiti di sua sorella che lo trasformano in una “Grace malata e inebetita” [95]. Grace gioca agli anagrammi con Ada un momento prima che una farfalla bianca con il corpo nero voli lì accanto e Ada esclami che assomiglia molto ad una parnassiana giapponese; l’osservazione ricorda a M.lle Larivière il suo pseudonimo letterario, rivelato poi essere Guillaume Montparnasse (il Guy de Maupassant dell’Anti-terra). Questi cambi di identità - insetto in incesto, Parnassian in Montparnasse, le relative farfalle, i gemelli che mescolano le loro identità - è un gioco di specchi nel capitolo del picnic, nel quale contenuto e tecnica ovviamente si arricchiscono l’uno dell’altra. Anche i camerieri, Essex, Middlesex e Somerset, hanno identità che si sovrappongono e “Gamlet” assomiglia ad “Hamlet”; inoltre M.lle Larivière è anche chiamata M.lle Laparure dopo aver letto la sua storia intitolata “La Rivière des Diamants” (riferimenti a La Parure e a Mademoiselle Perle di Maupassant). (5) [...]

Van fallisce nel tentativo di fare un’essenziale distinzione tra i ruoli specifici della scienza e dell’arte o nell’osservare le relazioni che si instaurano tra esse.
Nabokov, l’impareggiabile autore di Ada, comprende molto bene la differenza e comprende che, almeno in parte, è illegittima. La vita imita l’arte, è un tessuto dalla trama infinitamente complessa, con parallelismi, temi e variazioni; le caratteristiche e le leggi che l’uomo “scopre” non sono proprio del tutto "scoperte" ma, come tutti i veri scienziati sanno, sono solo intuizioni che più tardi verranno sostituite da teorie più adeguate. L’ordine creato dalla scienza è imposto al mondo dall’immaginazione umana e l’universo putativo Newtoniano/Einsteiniano è semplicemente un modello posizionato lì dalla scienza; rappresenta una descrizione ovviamente inadeguata del mondo reale. La fisica e la chimica, anche quando assecondate dal “ciarlatano di Vienna” o da canaglie della stessa risma, si trovano lontane da un’adeguata spiegazione dei misteri della memoria, dell’immaginazione, della coscienza e dello spirito.
Per questo Nabokov mantiene limpida la distinzione nella pratica fra scienza e arte. Quando scrive sui lepidotteri, il suo obiettivo è quello di descrivere i fenomeni dell’universo fisico e “reale” e ogni volta che si concede un volo dell’immaginazione, lo fa per ampliare il nostro apprezzamento e la nostra percezione del fenomeno descritto. Tuttavia, quando Nabokov si dedica alla sua arte l’obiettivo è differente così come l’ordine di subordinazione. In quei momenti crea un mondo immaginario e ne inventa le leggi.
Van (una creatura dell’immaginazione di Nabokov, l’immagine rovesciata di Nabokov – che vive, non a caso, nell’ anti-universo creato da Nabokov) fallisce nel fare una distinzione chiara nella pratica. Subordina i fatti all’immaginazione, ma non lo fa con lo scopo di creare un universo di immaginazione in un’opera dell’immaginazione, ma con lo scopo di esaminare e spiegare i fenomeni del suo passato effettivo e reale. Vuole comportarsi come uno scienziato, ma invece si comporta come un artista e, confondendo i due ruoli, fallisce in entrambi. Quando Van tenta di far incontrare arte e scienza, il risultato è un qualcosa di “incestuoso” poiché il suo confondere i due ambiti è dovuto alla sua ossessione di sé. Van, attraverso la sua scienza/arte, s’inoltra nei labirinti della propria coscienza e si allontana da una chiara percezione del mondo reale da una parte, e da una controllata e distanziata creazione di un mondo immaginato dall’altra.
Van usa la sua Cronaca come veicolo per le proprie emozioni, utilizzando dati scientifici sui lepidotteri e sulla botanica per creare una versione più soddisfacente di Ardis. Non s’interessa di farfalle o di fiori in sé e neppure è interessato all’arte in quanto tale. Ciò che desidera è un paradiso riconquistato nella realtà e né l’arte né la scienza possono esaudire il suo desiderio. Mescolare l’arte con la scienza riflette la sua incapacità di mantenere un saldo controllo sull’arte e sulla vita e l’esibizione nei panni di Mascodagama è sintomatica di questa tendenza. Van paragona il suo piacere di camminare sulle mani con il piacere di essere un artista.

L’essenza della sua soddisfazione somigliava più a quella che gli sarebbe derivata più tardi dal risolvere compiti autoimposti, bizzarramente difficili e apparentemente assurdi, come quando cercava di dare espressione a un’immagine che prima di quel suo tentativo aveva soltanto un’esistenza crepuscolare (o addirittura nessuna esistenza – nient’altro che l’illusione dell’ombra retrospettiva della sua imminente espressione). Era il castello di carte di Ada. Una metafora in equilibrio sulla testa, non per il gusto di sperimentare un trucco difficile, ma per poter vedere una cascata in salita o un’alba alla rovescia: un trionfo, in un certo senso, sull’ardis del tempo. Il rapimento che il giovane Mascodagama traeva dalla sua vittoria sulla forza di gravità era, insomma, simile a quello che accompagna la rivelazione artistica, completamente e naturalmente sconosciuto agli ingenui professionisti della valutazione critica, ai commentatori della cena sociale, ai moralisti, ai trafficanti di idee e così via. Van sulla scena compiva, dal punto di vista organico, ciò che avrebbero compiuto le sue figure retoriche negli anni successivi, e cioè imprevedibili prodigi acrobatici che spaventavano i bambini. (199-200)

Colpisce la descrizione della rivelazione artistica di Van, che certamente è nabokoviana, ma lo stesso Van non si cura molto dell’importanza della metafora della farfalla, visualizzata dal suo personaggio Mascodagama e sembra cieco in particolare al fatto che tale personaggio “spaventa i bambini”. Van Veen, l’artista fallito, è in questo frangente una figura familiare ai romanzi di Nabokov. I personaggi principali di Nabokov (come Humbert Humbert, Sebastian Knight, Charles Kinbote) sono soggetti spesso a queste sviste. L’artista Nabokov, d’altra parte, superiore ai conflitti dei suoi personaggi, mescola responsabilmente arte e scienza e non cade mai nel dilemma arte-vita. Van e Ada sono la controparte fittizia dell’artista e dello scienziato Nabokov – e in quanto riflessioni fittizie sono distorte dal piacevolmente familiare specchio dell’arte. Un tema che ben si presta alla tecnica degli specchi - il tema dell’incesto - dà una giustificazione alla visione obliqua dei personaggi, ai riflessi contorti e reciproci di entrambi.

   

NOTE

(1) Vasco da Gama, il marinaio portoghese per cui Van viene scambiato più di una volta, fu il primo a raggiungere l’India dall’Europa via mare. Fece il periplo dell’Africa, di contro al sole; Van vuole vedere “il sole che sorge all’incontrario”, per questo sta sulle mani; Vasco da Gama andò verso Est, facendo il percorso opposto di Colombo in cerca dell’India, e in definitiva andò nella direzione giusta – la più diretta rotta verso l’India.
(2) Wolfgang Wickler, Mimicry in Plants and Animals, trad. R.D. Martin (New York: McGraw-Hill, 1968); [Mimetismo Animale e Vegetale, Franco Muzzio Editore, Padova, 1991 Traduzione di Renata Toso].
(3) Il Dr. Krolik in quanto coniglio invita al raffronto con Alice in Wonderland di Lewis Carroll, dando vita ad un'altra inversione ironica nel romanzo. Ada afferma che “Palace in Wonderland” (l’espressione appare anche in Lolita) non è tutta quella meraviglia che è detto essere. Un coniglio conduce Alice attraverso le sue avventure sottoterra, ma Krolik (il Dr. Rabbit, ovvero Coniglio) conduce Ada attraverso i misteri e gli incanti della natura (il mondo reale, “sopra-terra”). Van, come Mascodagama, conduce Ada sottoterra, nel “mondo infero” dell’incesto, e Ada abbandona le sue farfalle, seppellendo poi le pupe vive nella tomba del Dr. Krolik. L’Alice di Carroll teme di essere scambiata per qualcun altro, che potrebbe anche essere la sua amica Ada caduta sottoterra, dal momento che Ada Veen prende il posto di Alice nelle sue avventure erotiche – quando Van si riferisce a lei come ad “Ada in Wonderland”. Nella vecchiaia trasforma la passione per le farfalle in passione per la fotografia, e l’espressione di Van “Ada in Adalandia” descrive il solipsismo del suo “paradiso”. Il fratello del Dr. Krolik che appare nell’album fotografico, rammenta a Van la Lepre Marzolina, altro personaggio di Alice in Wonderland, ovvero la creatura che tenta di fermare il tempo, elemento questo di grande interesse per Van, che è alle prese con lo stesso problema.
(4) In “Speak, Memory”.
(5) I diamanti sono la chiave di un altro importante motivo sviluppato in tutto il romanzo, che si arricchisce anche di smeraldi e di altri gioielli. Il Dr. Krolik di Ada non è presente al pic nic, ma il suo regalo di compleanno arriva il giorno seguente – “tre crisalidi squisitamente istoriate… ciascuna delle quali avrebbe di lì a poco prodotto, invece della kibo fritillaria, rarità di recente scoperta, un esemplare della deludente famiglia degli icneumoidi.
Questo è un altro esempio di errore di identità, così frequente in questo capitolo, ed anch’esso coinvolge i gioielli. Ada definisce il dono “gemme di inestimabile valore”, e Krolik parla di se stesso come del “gioielliere alla corte di Ada(93). I gioielli sono sottilmente associati agli insetti, per cui le crisalidi sono come gemme, e le uova di farfalla, quando si schiudono, assumono lo stupefacente aspetto di gemme multisfaccettate. Nel larvario di Ada la Larva Cappuccio è “una gemma di grande valore(70), e più tardi Ada chiama Van “la mia gioia(334).
I gioielli sono associati con la memoria; i momenti preziosi sono per Ada “opali irrecuperabili(117) ; Van si risveglia da un sogno “di cui non riuscì in seguito a ricordare il soggetto, benché lo avesse messo in salvo in un cofanetto portagioie(130).
Dopo il secondo pic nic, nel 1888, Lucette siede sulle ginocchia di Van, per la strada verso casa, ed essi odono una canzone:

"Ortiche e spine
per le sciocchine
le corolle son strappate
le perline rovesciate
"

Petali e perle sono un’eco della metafora principale – fiori e farfalle. Il mondo naturale è perduto, Ada ha abbandonato le sue farfalle, e nel mandare in frantumi il collier di diamanti Van sta perdendo Ada. Al primo pic nic M.lle Larivière legge il suo racconto sui diamanti perduti. Van manda in frantumi la vera collana di diamanti (“il suo fiume di diamanti”) (432) quando Ada gli mente. Ma più tardi, quando riprendono la loro relazione, lei indossa diamanti. Li indossa alla riunione di famiglia che definisce una “falsa” occasione, e poi li indossa anche nel letto nell’appartamento di Manhattan. In quell’occasione Van descrive la scena come si trattasse di una gioielleria – le emozioni sono come i polpastrelli del gioielliere “che accrescono la preziosità di un ciondolo con un gesto simile allo sfregamento delle ali posteriori di una licenide ferma su uno stelo(434). Ancora, le farfalle sono associate ai gioielli.
I gioielli appaiono nel corso di tutta la narrazione – perle, smeraldi, opali, ametiste, anelli, collane, ecc. – riflesso delle farfalle e delle memorie di Ardis. Richiamare alla mente “gli opali” dei momenti preziosi per la sua Cronaca è come “porgere la perla da infilare nella collana spezzata(123).

NOTA DEL TRADUTTORE
Le citazioni sono state fornite in traduzione italiana e sono tratte da: Vladimir Nabokov, "Ada o ardore", Adelphi, Milano, 2000, traduzione di Margherita Crepax; Wolfgang Wickler, "Mimetismo Animale e Vegetale", Franco Muzzio Editore, Padova, 1991, traduzione di Renata Toso. A queste edizioni fa riferimento la numerazione delle pagine in parentesi.

Tutte le immagini sono disegni di Vladimir Nabokov, facilmente reperibili on line. Esse potrebbero essere soggette a copyright: tutti i diritti restano possesso dei legittimi proprietari.

       
     

La strada in mattoni gialli verso “Ada” di Nabokov

Da Russian Literature Triquarterly Num. 24 (1991)

di Alan Jay Edelnant

versione inglese (originale)

traduzione italiana di David Smith.

Molti dei critici che hanno rivolto la loro attenzione ad Ada citano la ripetizione di una curiosa combinazione di colori: notano che certi momenti fatidici appaiono caratterizzati dai colori giallo e nero. Julia Bader nota "costumi gialli e neri" (1), Bobbie Ann Mason dettaglia un giardino con immagini aride di colore giallo e nero (2), Brian Boyd cita la ripetizione di motivi gialli e neri come parte della coscienza temporale della novella (3) e D. Barton Johnson ha esplorato i dettagli del sentire a colori in Speak, Memory (Parla, ricordo) e l’attività anagrammatica su un divano giallo e nero in Ada (4). Tutti notano la combinazione giallo/nero, tuttavia dopo essere stata citata e osservata come "fatidica", essa non viene ulteriormente indagata, trannze nel caso della Mason che identifica non del tutto precisamente la combinazione come "i colori di Ada." (5)

La riluttanza a cercare le radici di questa originalità cromatica non è comprensibile. In Pale Fire (Fuoco pallido), la voce di Nabokov echeggia in tutta la condanna di John Shade della lettura fatta secondo modalità “idiote", compreso: "Cercandoci dei simboli; per esempio: <L’autore usa l’immagine avvincente di green leaves (foglie verdi) perché il verde è il simbolo della felicità e della frustrazione.> "(6) Egli sembrava anche limitare rigidamente qualsiasi significativa analisi di espressioni cromatiche quando Appel ha indagato lo schema di colori di Lolita (7). Il colore è espressione di riferimenti ed è importante ma non simbolico.

Tuttavia, di tutte le sue opere, Ada è la più colorata. Anche un’analisi grossolana rivela circa tre immagini di colore per pagina. È difficile ignorare quanti sono i colori nella novella e anche i critici sembrano essere pervasi dalla saturazione e dal fascino visivo dell’opera. Per esempio, Brian Boyd, che non si interessa particolarmente al tema del colore, tende a considerare gli aspetti non visivi della novella in termini di colore. Nelle prime poche pagine di Nabokov's "Ada" descrive "la vivacità di colore dell'improbabilità," "il suo destino dai colori vivaci," e "fantasie animate caratterizzate da colori vivaci." (8) Le funzioni del colore, dunque, come aspetto chiave delle opere di Nabokov e delle opere di altri che scrivono su Ada.
L’uso del colore come elemento artistico della narrativa non dovrebbe essere una sorpresa. La cura visiva per i dettagli sembra un modo ragionevole per creare il mondo e l’ambientazione di una novella. Come suggerisce L. L. Lee, "in larga parte, [gli eventi della novella] sono esposti cronologicamente, anche se lo scrittore-protagonista, Van Veen, sta registrando la storia della sua vita verso la fine della sua lunghissima esistenza; e, guardando indietro, colora necessariamente gli eventi."(9) Naturalmente li colora, cosa potrebbe essere più naturale? I lettori di Nabokov e i suoi critici hanno fatto osservazioni e commenti sul suo avvincente utilizzo del dettaglio visivo. In Camera Obscura egli ha cercato di usare il colore come se si trattasse di uno dei primi film a colori (10) e Nabokov stesso ha notato il profondo impatto dell’uso radicale del colore in Gogol. (11)
D’altra parte, Ada è la presunta opera di Van Veen. Anche se Veen condivide con Nabokov un'eccentricità sinestetica, la sinestesia di Veen è connessa col giudizio retrospettivo colorato, non con l’ascolto colorato. Johnson (tra gli altri) cita le letture di Veen sul tempo, dove questi descrive il tempo come elemento grigio con flash brillanti di memoria. Le memorie sembrano perfino sature di colore fino al massimo della loro acutezza o intensità. (12) Eventi come "La notte del fienile in fiamme" sono pieni di colore e ricordati vividamente mentre i periodi della separazione sono incolori - Van definisce la loro prima separazione un "arcobaleno nero" (p. 175). (13)
Il lettore di Ada non impiega molto a rendersi conto che alcuni colori sembrano essere associati a certi personaggi. Contro lo sfondo del tempo grigio spento, il blu “Temnosiniy” diventa la volta celeste contro cui Van vede se stesso e la sua famiglia, dal blu mezzanotte di Demon, confinante col nero, (14) a Aqua e Marina che condividono una versione acquamarina del sangue blu, fino ad Ada stessa, che è vista per lo più in bianco e nero con accenti rossi. Lucette sembra essere in arancio e verde, Blanche in bianco, Violet e Larivière in viola. I colori primari quali il rosso e il blu corrispondono a Van e Ada, i personaggi principali. I colori secondari, arancio, viola, verde, tendono a corrispondere ai personaggi secondari (dal punto di vista di Van, naturalmente) quali Lucette, Larivière, Violet e Oranger. Non solo i personaggi sono associati ai colori, ma spesso i colori hanno le associazioni più banali: il nero con la morte, il rosso col sesso, il verde con l’invidia, il bianco con la purezza, il blu con l’aristocrazia, ecc. Se considerassimo questa semplice associazione di colori opera di Nabokov, cadremmo nella trappola di identificarlo col suo narratore. È Van l’amante imperfetto, il fratello, il filosofo, l'essere umano e l'artista imperfetti che ha reimmaginato il suo passato a partire da una mappa di colori e numeri in contrapposizione col grigiore del tempo. È Van che ha creato Antiterra. Non è un caso che la principale forma di comunicazione su Antiterra non sia il telefono ma il “vibgyor”, un rovesciamento dell’acronimo mnemonico usato per ricordare l’ordine dei colori dello spettro visibile (Roy G. Biv). Van pensa a colori, sogna a colori, comunica a colori e, cosa più importante, ricorda a colori.

Vi sono centinaia di immagini rosse e blu, centinaia bianche e nere, e parecchie altre immagini di colori secondari, arcobaleni, cristalli e simili. Di fatto, solo un colore è pressoché inutilizzato: il giallo. Le immagini gialle della novella sono meno di quaranta, tuttavia queste sono come dei flash impressionanti di luce in mezzo agli altri colori. Nessuno dei personaggi ha un nome che "contenga" il giallo (come era per Violet Knox o Ruby Black), nessun personaggio è vestito di giallo con la stessa ripetitività con cui, per esempio, Lucette è vestita di verde o Larivière di malva. Le immagini gialle sono distribuite fra tutti i personaggi ma con una tale limitazione che ci si domanda perché questo colore non venga usato con la stessa frequenza dei suoi principali colori complementari, il rosso e il blu.

Possiamo vedere che i rossi, per esempio, hanno una coerenza interna di utilizzo nella novella - sono usati per colorare gli stessi personaggi (Ada, principalmente) e lo stesso genere di eventi (erotici, per lo più) - e i rossi puri sembrano avere un uso diverso rispetto ai rossi mescolati con altri colori, per esempio l’arancio o il porpora. Diversamente dagli altri colori, il giallo non sembra avere una corrispondenza diretta (uno ad uno) con particolari oggetti o persone. (15) Diversamente dall’altro uso cartografico del colore che identifica, nomina e associa, l’utilizzo del giallo rientra nella categoria delle immagini di Nabokov che colpiscono e illuminano per la complessità e brillantezza. Come suggerisce Boyd, “Lo schema è più intrigante per Nabokov quando la sua percezione richiede una inconsueta attenzione a singoli dettagli, i dettagli della luce e dell’ombra...” (16) , soprattutto quando sono sparsi in più di 800 pagine di terreno roccioso. Quando ci imbattiamo in loro, queste scuotono il lettore in una consapevolezza temporale interna e fittizia in maniera singolare, avvincente e forte: “I generi più fastidiosi di schema temporale fatidico sono quelli (che abbondano nelle novelle di Nabokov) della coincidenza temporale e di previsioni manifeste, di presagi e profezie.” (17)

Le immagini gialle appaiono solo nei momenti chiave dei ricordi della vita di Van, come segnali autostradali gialli e neri, segnalano la prudenza. Due delle immagini giallo/nere appaiono durante suicidi a seguito di rifiuti di carattere sessuale. Altri momenti di questo tipo sono densi di una sorta di extra comunicazione Antiterrestre, come il gioco Flavita, dove la coincidenza svolge il ruolo principale.

La prima immagine giallo/nera e una delle due o tre più spesso notate dai critici, è la scelta dell’abbigliamento di Aqua per il suo suicidio: pantaloni gialli e un bolero nero (pag.41). Questo episodio ha luogo circa al principio del romanzo, così che la combinazione non assume alcun significato particolare ma è sufficientemente intensa che ce ne ricorderemo quando riapparirà. È in qualche maniera possibile stabilire una corrispondenza preliminare tra le immagini di luce e ombra della novella, come lo è per il modo in cui le immagini blu contribuiscono alle immagini dell’acqua. Mason suggerisce che il giallo e il nero sono i "colori di Ada" e man mano che Van la allontana sempre più dal mondo naturale, il giallo diventa sempre più "pallido" fino a divenire bianco. Per questa lettura è poco propizio che sia Aqua, e non Ada, a introdurre la combinazione e che Ada appaia in bianco e nero (pag. 50) molto prima di apparire in giallo e nero (281).

L’immagine giallo/nera successiva è separata dalla prima solo da 20 pagine nel corso delle quali appare solo un’altra immagine gialla: il bouquet di fiori rosa-gialli-blu (pag. 51) all’ingresso di Ada. Non è un caso che poco dopo la successiva immagine giallo/nera, la combinazione rosso-blu-giallo riapparirà quando Ada mostrerà a Van la sua limantride millantatrice (pag. 69). Tra queste due immaginisi colloca il tour di Ardis nel corso del quale Ada mostra a Van la biblioteca, con il suo divano nero e i suoi cuscini gialli (pag. 54). È il divano in cui Ada e Van consumeranno il loro amore nella "notte del fienile in fiamme" e insieme all’esplosione di battute da Mille e una notte e alle immagini di orchidee che ci aiutano a ricordarci che c'è Nabokov dietro a Veen, la colorazione nera e gialla dovrebbe anche ricordarci il destino di Aqua e il fatto che il rapporto amoroso tra Van e Ada non potrà non avere certe ripercussioni fatali.

La biblioteca con il divano giallo-e-nero è situata al termine di una scala a chiocciola che parte dal salotto giallo che contiene paraventi neri decorati con antiche mappe di Demonia (pag. 56). Il salotto non solo porta al giardino ma il suo accesso è anche adornato da un ritratto del "Principe Zemski," che ha una predilezione (come Demon, Van e Humbert) per le fanciulle molto giovani. Poco dopo, Ada mostra la larva della “Nymphalis Carmen” che ha ali limone-e-ambra (pag. 70). I lettori attenti potranno collegare la ninfa di nome Carmen e il pedofilo Zemski ad una serie di allusioni a Lolita in Ada. Più importante, tuttavia è l’associazione del colore giallo con questo genere di immagini riflessive. Mentre le immagini giallo-e-nere continuano a fungere da segno del destino, il giallo da solo sembra indicare McFate in persona. Questo uso del giallo continua nella descrizione parodica delle prugne rosa porpora (pag. 76), una delle quali presenta una spaccatura spiccatamente freudiana e nell’uso del "yellow thingum" (“coso giallo”) che dà l’avvio ad una catena di allusioni rimbaudiane che a loro volta danno vita ad un grappolo di immagini di erbe vescicarie/calthe palustri/baugenaudier (pag. 77). Ancora una volta l’immagine gialla attira la nostra attenzione sulla coincidenza del ripetuto schema cromatico.

Poco dopo il gioco della caltha palustre, Van descrive la pallida luce giallo limone delle lucciole in contrasto con il nero della notte di Ardis (pag. 86). Questa particolare immagine segna una corrispondenza pluristratificata delle immagini di colore, luce e ombra e insetti nella descrizione dell’attrazione che Ada ha per Van. Nelle 70 pagine precedenti vi è stato un flash di luce gialla ogni 10 pagine, più o meno. Sebbene questi flash di giallo in contrapposizione al nero fungano come una sorta di afrodisiaco per bambini, il lettore dovrebbe essere turbato dall’utilizzo di questa particolare combinazione di colori usata per confrontare e caratterizzare l’amore di Van e Ada. Dopo questa immagine, il giallo scompare per oltre 30 pagine. Le prime serie di immagini di giallo e nero/giallo hanno fornito al lettore una breve istruzione e sensibilizzazione al potenziale (e portentoso) uso del giallo e nero. Il riferimento giallo successivo, anche se arcano, si tradisce da solo.

L’immagine gialla successiva si riferisce al tentativo di Larivière di far perdere ad Ada il vizio di mangiarsi le unghie. Minaccia di spalmarle le dita di senape francese e "coprirle con cappuccetti di lana verde, gialla, arancio, rossa, rosa (dove l’indice giallo era una trouvaille)" (pag. 120). Mentre diversi sono i modi di analizzare questo insieme di colori apparentemente casuale (sequenza spettrale, assenza di blu, uso della tmesi frasale per passare da colori ad accenni, ecc.), rimane la domanda: in quale modo l’ "indice giallo" potrebbe essere una scoperta o una "trovata" fortunata? Certamente aiuta la visualizzazione della mano: se la governante applica il suo metodo, Ada finisce con un pollice verde e un "mignolo" rosa. L’indice giallo è di aiuto con la sequenza cromatica per i cappuccetti ma rimanda anche il lettore alle altre immagini gialle e correla quelle già passate con quelle che seguiranno. (18)

Nella stessa pagina appare la descrizione della zanzara Chateaubriand, una selezione di dettagli piena di ellissi con commento editoriale e marginalia, che riesce appena a comunicare i palpi e le ali nere che, sebbene trasparenti ("ialine"), sono "gialle in certe luci" (pag. 120). Se l'immagini nera-e-gialla delle lucciole è metafora dell’attrazione tra Van e Ada, è la zanzara dagli stessi colori che caratterizza il loro appetito sessuale, il suo prurito e le conseguenze patetiche, combinando ancora una volta le immagini di colore con la luce e l’ombra del mondo degli insetti e degli incesti.

La ripetizione enfatica di giallo e nero produce due nuove combinazioni di giallo. Uno dei giochi di parole fonetici preferiti da Nabokov forma la base di un’immagine giallo-blu che decora il capitolo 19, la cui conclusione è “La notte del fienile in fiamme". Mentre ricorda quella notte, Van accende un fiammifero per una sigaretta post-coitale da fumare con molto ritardo, estraendolo da una scatola di fiammiferi giallo-blu (137), sposando ancora una volta il giallo-blu con il russo ya lyublyu [vas]. L’ immagine è ripetuta nel capitolo successivo quando Ada e Van si incontrano per colazione in un pergolato (il pergolato baugenaudier) dove farfalle blu si posano sui fiori gialli (pag. 143). Più tardi vediamo giovani donne in abiti Vass giallo-blu (pag. 202). Nel capitolo 21 prendono vita combinazioni di rosso e arancio mentre ci viene narrata la storia dei due bibliotecari psoriaci: M. Verger e Miss Vertograd. Due disgraziati con chiazze rossastre, squame argentine e croste gialle (pag. 147). Mascodagama ha una partner per il ballo con i capelli rossi: "La fragile Rita, dai capelli rossi... di Chufut Kale, dove... il corniolo crimeano, kizil, frioriva giallo tra le aspre rocce..." (pag. 200). Svariate sono le corrispondenze tra Rita e Lucette: il colore dei capelli, il rapporto con Van (Chufut = masticare cibo; Mascodagama cammina sulle mani con Rita e Van gioca all’aratro con Lucette ‹pag. 105-6›), ed entrambe non hanno rapporti sessuali con lui, come suggerisce l’immagine "ciliegia" (N.d.T. “ciliegia” in americano indica la perdita della verginità) del kizil. Non molto tempo dopo la citazione di Rita, Lucette riceve una mela sbucciata da Ada. La mela, un regalo di Philip Rack, viene sbucciata secondo "una pelatura ideale" in una spirale giallo-rossa (pag. 224). Tutte queste tre immagini di rosso-giallo fanno percepire al lettore i problemi di amore e sesso. Pur non per niente sfortunati come le immagini giallo/nere, questi accoppiamenti di colore riservati all’eros e il giallo raramente usato puntano il dito oltre Antiterra, portando in primo piano i problemi dell’amore e il suo soddisfacimento in un universo controllato dal destino.

Forse, il singolo raggruppamento di immagini gialle che rende concreto l’uso di un indicatore dell’autore è il gioco Scarabeo del capitolo 36. Il tabellone è “flavid”, cioè giallo, e il gioco si chiama "Flavita", un anagramma di alfavit (alfabeto). I blocchi di lettere sono d’avorio e conservati in celle di velluto “flavid” (pag. 238). Se anche il lettore non fosse arrivato a intuire l’applicazione selettiva di immagini gialle e giallo/nere, qui scopriamo che il gioco è un regalo di un amico di famiglia, il barone Klim Avidov (un altro anagramma di Nabokov). Non volendo far scomparire completamente l’immagine, circa 40 pagine dopo, Greg Erminin consegna ad Ada un talismano di avorio: un cammello giallo dell’epoca di Timur e Nabok (pag. 283). Ciò che era solo implicito, ora è esplicito. Nello stesso modo in cui Van è visto in blu, (19) Ada in nero, bianco e rosso, Lucette in verde e arancio, Nabokov ha assegnato a se stesso un colore all’interno della memoria caleidoscopica di Van. L’uso del giallo rimanda il lettore al vero autore, colui che plasma il destino della novella, e dà a Van un accenno di comunicazione da oltre Antiterra, da Terra la Bella, dove si dice abitino gli spiriti dei morti e dei pazzi. Poco dopo il gioco Flavita (quattro pagine) Van appare nel fatidico completo nero in contrasto con i cuscini gialli del divano della biblioteca, leggendo il "un saggio di Rattner su Terra, difficoltoso e deprimente", mentre Ada va a scoprire se è incinta o no in seguito alla "notte del fienile in fiamme".

Una volta che questo modello di immagine si è consolidato nel gioco Flavita, viene usato con economia nella restante parte del romanzo. Ada veste di nero, bianco e giallo per il pic nic del suo sedicesimo compleanno (pag. 281) e prima della prima grande separazione (il "black rainbow"- l'arcobaleno nero) appare sul suo balcone in pantaloni gialli e bolero nero (pag.312). Lucette si ricorda seduta su un cuscino giallo durante il gioco Flavita. Un’immagine simile ai lepidotteri appare quando Van scopre di essere sterile grazie ad una zingaresca cortigiana soprannominata "Swallowtail" ("Melittis, o bocca di lupo" trad. it. pag. 408), che è anche il nome della farfalla nera e gialla Papiliondae. (20) Ada e Van decorano il loro salotto con una copia del divano della biblioteca (pag. 439), e perfino Lucette riconosce la potenza della combinazione dei colori quando urla "`Oh, provami, Van! Il mio divano è nero coi cuscini gialli" (pag. 478). Progetta anche di indossare un completo nero e giallo dopo aver fatto l’amore con Van (pag. 508. N. d. T e che invece sarà il completo del suo suicidio).

Un altro accenno al colore giallo appare quando Van racconta l’anamnesi di Spencer Muldoon, un soggetto "cromestesiaco" che poteva “sentire” i colori. Le sue sopracciglia salgono "leggermente quando toccava la matita rossa, un po' di più quando toccava quella arancio, e ancora di più allo stridente grido del giallo" e si abbassano "gradualmente via via che la sua mano percorreva il resto dello spettro prismatico..." (pag. 484). Ormai il giallo dovrebbe gridare anche al lettore. A bordo dell'Admiral Tobakoff, Van "fa marcia indietro" quando lui e Lucette mangiano le "larve gialle del tonchio della palma" (pag. 499) e più tardi, quando Van ha respinto la sua offerta del divano con i cuscini gialli, Lucette indossa la tenuta nera e gialla per il suo suicidio e completa a 360° i riferimenti delle combinazioni cromatiche dall’annegamento di Aqua. Dopo che Lucette è morta, i riferimenti al giallo sono pochi e sparsi, una pustola (pag. 526), un fiore (pag. 536) e un ginco d'oro verdastro, molto più luminoso della "sua vicina, una betulla locale giallo spento" che, se Boyd ha ragione, sembra trasferire la comunicazione extra-Anti-terrestre da Nabokov allo spirito di Lucette. Aspetto significativo: non vi è alcun riferimento giallo nel saggio di Van sul tempo.

Quindi, un debole accoppiamento finale giallo/nero nell’ingresso del Trois Cygnes dove tre uova gialle e, a poca distanza, il soprabito nero della persona alla reception ci ricorda il prezzo dell’amore di Van e Ada in termini umani. Inoltre, i numeri della camere che Van ricorda: 508-509-510 rimandano alle pagine dove si narrava il precedente soggiorno ai Trois Cygnes. Non solo Lucette è morta, ma l’immagine serve come memento mori per il lettore e testimonia cromaticamente il passare del tempo scandito dai cambiamenti dell’ingresso dell’hotel.

La dimostrazione interna dell’importanza del colore per la struttura della novella sembra essere largamente supportata. Il giallo sembra essere il colore di Nabokov allo stesso modo in cui il blu è il colore di Van; il nero e il bianco di Ada; il verde e l’arancio di Lucette. Mentre il giallo rimanda al vero autore, è percepito dall’autore fittizio come un lampo di intuizione nella struttura del tempo: un rapido sguardo su Terra, quando il giallo può essere visto in contrapposizione al nero della inconsapevolezza.

Vi sono inoltre due fonti esterne che offrono un intrigante supporto alla tesi che il giallo è il "colore di Nabokov" nel romanzo e la combinazione giallo/nero funge da avvertimento o segnale esterno rispetto al mondo fittizio. Nel suo articolo sulla sinestesia di Nabokov, Johnson cita la prima farfalla di Nabokov, una farfalla a coda forcuta nera e gialla con toni rossi, blu e cromo, (21) i colori primari di Ada. Johnson dettaglia anche le associazioni colore/suono riguardo all'ascolto colorato di Nabokov (22) e non dovrebbe sorprenderci che Ada, anche pronunciata come suggerisce Van, come ardore, risulta colorata di giallo e nero: "A" e "R" come neri e la "D" russa come giallo. Johnson afferma che "il motivo dell’arcobaleno ricorre nelle opere di Nabokov ma solo nelle autobiografie assume un significato nettamente definito." (23) Ha ragione se includiamo "Ada" in un altro tipo di autobiografia, informata dalla sinestesia e vista attraverso il prisma della memoria. Per portare la sua analisi un passo oltre la convalida interna, se possiamo dire che l’illustrazione della copertina potrebbe svolgere una funzione ermeneutica (come il cover dell’arcobaleno specchiato in Lolita), la giacca di Ada è nera come la nullità della inconsapevolezza del nome "Ada" in lettere verde brillante e del nome di Nabokov stesso in giallo brillante, il colore che più avanti non sarà associato a Van o Ada, ma all’autore reale. L’uso del colore verde, uno dei colori di Lucette nella novella, piuttosto che del rosso, o nero e bianco di Ada, avvalora l’opinione di Boyd che la novella arriva a Van tramite la comunicazione soprannaturale da parte di Lucette. (24)

Oltre all’accento sulla coincidenza e all’osservazione della forma nel modello e nella struttura, questa particolare immagine di giallo in contrasto col nero svolge una funzione più importante. Nel capitolo 5 del suo esame della consapevolezza in "Ada", Boyd esamina l’espressione della consapevolezza in varie opere ed espone l’immagine del raggio di luce nel buio come il tropo assoluto della consapevolezza. È proprio questa immagine che porta i i colori giallo e nero in primo piano, quello che Nabokov definiva "la meraviglia della consapevolezza – la finestra improvvisamente aperta su un paesaggio illuminato dal sole in mezzo alla notte del non essere. " (25) Nel romanzo ha dichiarato: "È questo il momento un cui un’onda di luce improvvisamente inonda il libro"; (26) "l’aldilà è leggermente socchiuso nel buio.” (27) È come il gioco Flavita dove abbiamo l’opportunità di "cogliere e vedere l’interno del tempo" fornitoci dal nostro vecchio amico il Barone Klim Avidov, “che è ovviamente il padre supremo o padre Terraniano degli eventi in Ada.” (28)

University of Northern Iowa

NOTE

I riferimenti in parentesi tonda si rifanno alla traduzione italiana di Margherita Crepax, edita da Adelphi: "Ada o ardore" di V. Nabokov, Milano, 2000, Adelphi.

(1) Julia Bader, Crystal Land: Artifice in Nabokov's English Novels (Berkeley: U California P, 1972), p. 139.
(2) Bobbie Ann Mason, Nabokov's Garden: A Guide to "Ada" (Ann Arbor: Ardis, 1974), pp. 66, 134.
(3) Brian Boyd, Nabokov's "Ada": The Place of Consciousness (Ann Arbor: Ardis, 1985), p. 177.
(4) D. Barton Johnson, Worlds in Regression: Some Novels of Wadimir Nabokov (Ann Arbor: Ardis, 1985), pp. 13-14, 52-53.
(5) Mason, pp. 26, 102-3, 134.
(6) Vladimir Nabokov, Pale Fire (New York: Putnam's, 1962), p. 156.
(7) Alfred Appel, Jr., The Annotated Lolita (New York: McGraw-Hill, 1970), pp. 362, 406.
(8) Boyd, pp. 14, 15, e 27, rispettivamente.
(9) L. L. Lee, Vladimir Nabokov (Boston: Twayne, 1976), p. 145.
(10) Alfred Appel Jr., Nabokov's Dark Cinema (New York: Oxford UP, 1974), pp. 268-59.
(11) Vladimir Nabokov, Nikolai Gogol (New York: New Directions, 1944), p. 86.
(12) Johnson, pp. 25-26.
(13) Per esempio, Parte I, capitolo 9 (dapprima Van vede Ada nuda); capitolo 20 (la mattina successiva alla "notte del granaio in fiamme"); capitolo 36 (il gioco Flavita), Parte II, capitolo 8 (il menage a trois); e Parte III, capitolo 1 (la distruzione di Lucette, Marina e Demon da parte degli elementi) sono tutti estremamente saturi, molto più di altri capitoli. La Parte I, capitoli 26 e 43 (la prima separazione e la rivelazione della relazione lesbica di Ada con Vanda Broom - Van perde la capacità di camminare sulle mani) sono virtualmente incolori. Ci potrebbe anche essere il genere di "archeologia degli strati colorati della memoria" che Van suggerisce a p. 546. Il riferimento è a Vladimir Nabokov, Ada, or Ardor: A Family Chronicle (New York: McGraw-Hill, 1969).
(14) Come altri della famiglia Temnosiniy (letteralmente "mare blu scuro"), Demon è rappresentato con il colore blu, ma il suo è un blu particolare, molto scuro e spesso viene raffigurato anche in nero. Per esempi, si veda pp. 8, 180, 392 (21, 193, 406 trad. it.).
(15) Man mano che la novella procede, particolari colori sono associati a singoli personaggi con i loro nomi (Temnosiniy, Guermantes, Veen "Rosso" e "Nero", Aqua e Marina, Violet Knox, Ronald Oranger, Evaline Scarlet, Blanche, Colonel Bagrov, Baron Azzuroscudo), i costumi, gli oggetti che maneggiano, i paesaggi che li circondano e la loro colorazione naturale. Anche se il sistema è molto complicato, Van e Ada sono per lo più raffigurati in bianco e nero con Ada sottolineata di rosso e Van di blu. Lucette di verde e arancio, Larivière di lavanda, Demon di nero o blu scuro, Dan Veen di rossi aranciati, ecc. Inoltre, i colori sono generalmente impregnati di corrispondenze convenzionali; il nero con la morte, il rosso con la sessualità, il verde con la crescita e simile. Per una catalogazione completa della corrispondenza dei colori, vedere Jay Edelnant, "L’arcobaleno nero di Nabokov': Un’analisi della funzione retorica delle immagini colorate in Ada or Ardor: A Family Chronicle," Ph.D. disc. Northwestern U, 1978. #7927331.
(16) Boyd, p. 52.
(17) Boyd, p. 59.
(18) Grazie a D. B. Johnson che sottolinea che Nabokov spesso usa le parentesi e i segni di omissione per attirare la nostra attenzione su informazioni importanti, vedere Vladimir Nabokov, The Defense (New York: Putnam's, 1964), p. 214 e Ada, p. 106 per esempi.)
(19) La colorazione blu di Van è un ottimo esempio. Alla fine del capitolo (compreso l’albero genealogico) sappiamo che Van vede la sua vita contro uno sfondo di velluto azzurro cielo e questo colore gli dà piacere estetico e comfort (p. 21 ed. it.). Egli vede il suo colore come "ultramarino," una combinazione del blu molto scuro di Demon e dell’acquamarina più pallido di Marina. Confronta inoltre il suo blu con l’ultramarino di Guermantes di Proust in "il prisma della sua mente" (p. 21 ed. it.). L’associazione di Van col colore blu continua per tutta la novella. Per una selezione di queste immagini si vedano le pagine 94, 125, 128, 149, 164, 184, 225, 255, 266, 338, 345, 363, 382, 466, 475, 529, 548, 551, 587 (dell'originale americano).
(20) Mason, p. 66.
(21) Johnson, p. 10.
(22) Johnson, p. 14.
(23) Johnson, p. 22.
(24) Boyd, p. 179 ff.
(25) Nabokov, citato in George Feifer, "Vladimir Nabokov: An Interview," (Vladimir Nabokov: un’intervista) Saturday Review, 27 November 1967, p. 22.
(26) Vladimir Nabokov, The Real Life of Sebastian Knight (Norfolk, CT: New Directions, 1959), pp. 178-79.
(27) Vladimir Nabokov, Look at the Harlequins! (New York: McGraw-Hill, 1974), p. 26.
(28) Boyd, p. 197; Johnson, p. 51.

       
   

La lingua che cammina
sommario nabokoviano

di Stefano Bartezzaghi

"Lo-li-ta: la punta della lingua compie
Un percorso di tre passi sul palato per battere,
al terzo, contro i denti. Lo. Li. Ta."

(Vladimir Nabokov, Lolita)

Fuoco fioco (Pale pile pire fire)

Al verso 819 del poemetto che dà titolo a Fuoco pallido, il lettore italiano legge: “A giocare un gioco di mondi […]”. Nella versione originale questo verso è più chiaro ed è a sua volta un gioco: “Playing a game of worlds […]”, dove game of worLds varia in senso cosmologico il luogo comune game of words, gioco di parole.
Nabokov amava fare giochi di parole sui giochi di parole: se Verlaine suggeriva ai poeti di evitare ogni pointe assassine (clausola moraleggiante che potrebbe ammazzare la teoria), in Ada Nabokov sconsiglia invece il pun assassine. Tramutando pointe in pun si ottiene il risultato di fare “un gioco di parole nel momento in cui [e con le stesse parole con cui, ndr] lo si proibisce” (SO).
Come viene letto, in inglese o in traduzione, un libro come Fuoco pallido? La domanda non riguarda i modi di interpretazione, ma proprio il percorso che il lettore compie con le sue pupille fra le righe, le pagine e le parti del libro. Il romanzo infatti si presenta come l’edizione commentata di un poema, i cui protagonisti sono il poeta, John Shade, e il glossatore paranoico Charles Kinbote. Frantumando ogni consuetudine sequenziale, la lettura del commento non può che esser continuamente collegata ai versi del poema. Idealmente (la lunghezza delle note non lo renderebbe tipograficamente possibile) si tratta di un romanzo in calce.
Il commento al verso 819 di Fuoco pallido (il verso qui citato proprio all’inizio) è breve e, per il lettore italiano, non molto perspicuo. Il commentatore Kinbote parla del poeta Shade: “Il mio illustre amico aveva una sorta di predilezione fanciullesca per ogni sorta di giochi di parole e soprattutto per il cosiddetto "golf delle parole". Interrompeva il corso di una conversazione prismatica per indulgere a questo particolare passatempo, e naturalmente sarebbe stato villano da parte mia rifiutarmi di giocare con lui. Ecco alcuni dei miei appunti: odio-amore in tre, femmina-maschio in quattro e vivo-morto in cinque (con “prestare” nel mezzo)”.
Nella versione originale di Fuoco pallido, il testo è già più chiaro: “Some of my records are: hate-love in three, lass-male in four, and live-dead in five (with “lend” in the middle)”. Qui records va inteso proprio nel senso sportivo, e non come “appunti”.
Nabokov non spiega esplicitamente il gioco dei passaggi come “hate-love in three”. Si limita a mostrarne il funzionamento nell’indice analitico finale (parte integrante del romanzo) facendo un altro gioco con il lettore (gioco che la traduzione italiana non ha conservato):

• la voce Word golf rinvia a un’altra voce dell’indice: “see Lass” (vedi alla voce Lass, ragazza);
• il lettore che obbedisce, alla voce Lass trova: “see Mass”;
• forse incomincia a capire, e infatti il nuovo lemma a cui perviene non riporta il semplice Mass ma la serie Mass, Mars, Mare;
• il testo di questa voce è: “see Male”, e a Male [maschio] l’ultimo rinvio chiude il cerchio: “see Word golf”.

Con questo giro, il lettore dovrebbe aver capito le regole del gioco. Alla voce Word golf ne seguono altre tre (Yaruga, Queen; Yeslove; Zembla), poi il romanzo è finito.
Il record di Kinbote consisteva dunque nel riuscire a trasformare la femmina in maschio in quattro passaggi: da Lass a Male passando da Mass, Mars, Mare. In ogni passaggio una e una sola lettera viene sostituita: Lass, Mass, maRs, marE, maLe. Il gioco è stato inventato nel 1879 da Lewis Carroll, che lo battezzo doublets. Si tradurrebbe doppietti, ma in italiano il nome più comune del golf di parole è metagrammi (1).

Una catena di cambi, e un altro ostacolo insormontabile per il traduttore, si erge poco prima dell’allusione al golf di parole, e anzi la prepara:

"801 “[…] There’s one misprint – not that it matters much:
Mountain, not Fountain. The majestic touch”.
Life Everlasting – based on a misprint!"
["”[…] C’è un solo refuso… non che conti molto. / Monte, non fonte. Il tocco maestoso”. // La vita eterna… basata su un refuso!"].

Nella nota al verso 803 Nabokov concede al suo personaggio-commentatore un moto di pietosa comprensione: "il traduttore dovrà quindi spiegare la cosa in una di quelle note a piè di pagina che sono l’archivio fotografico criminale nel campo delle parole". In realtà il traduttore italiano è – per una volta – avvantaggiato, esistendo gli equivalenti fountain-fonte, mountain-monte. Sono approssimazioni, ma Fuoco pallido è appunto un romanzo sulle somiglianze.
Subito dopo, la stessa nota si prende una vendetta preventiva e definitiva su ogni possibile traduzione: "Eppure! Esiste, a quanto mi consta, un caso davvero straordinario e incredibilmente elegante, in cui non solo due, ma ben tre parole entrano in gioco. Il fatto in sé è abbastanza banale (e probabilmente apocrifo). Il resoconto di un giornale sull’incoronazione di uno zar russo conteneva, in luogo di korona (corona), il refuso vorona (cornacchia), e quando il giorno dopo lo si “corresse” con tante scuse, la parola venne nuovamente stampata con un errore di stampa come korova (cornuta)".
Nel mare che si apre fra il dire (in inglese) e il fare (la traduzione italiana) il traduttore ha scelto di buttare il senso, e di conservare almeno in parte il gioco: così ha tradotto korova come "cornuta" (che ha qualche vaga relazione sonora con corona e cornacchia). Ma nell’originale le cose sono diverse. Innanzitutto korova non equivale a "cornuta" ma a "vacca". In secondo luogo, la serie di sostituzioni (cambi di consonante) russe korova/vorona/korova viene tradotta da una serie di soppressioni (scarti) inglesi: crown, crow, cow. Ciò che il commentatore trova straordinario è questa doppia coincidenza: il traduttore non può che arrendersi, se non vuole aggiungere, con una pur dignitosa nota in calce, una diapositiva a quell’archivio segnaletico criminale-lessicale che, poche righe prima, è stato tanto platealmente deprecato.
Gettando invece a mare i tecnicismi minuti, possiamo infine considerare l’analogia (che solo a Nabokov è venuta in mente) fra il gioco del golf e quello dei doublets o metagrammi: questo richiede di trasformare una parola nell’altra nel minor numero di passaggi, quello consiste nel mandare una palla in buca, colpendola il minor numero possibile di volte. In Pale Fire il percorso della lingua, da parola a parola, viene proiettato sull’ordine alfabetico dell’indice: il giocatore (il lettore) deve spostarsi fra una pagina e l’altra, così come un giocatore di golf attraversa a piedi il green per ritrovare la palla che ha scagliato lontano da sé.

(1) Sui rapporti fra Nabokov e Carroll andranno ricordate tre notizie. Nabokov è stato il primo traduttore russo di Alice in Wonderland (Anja v strane chudes); Nabokov menziona o allude ad Alice in vari luoghi della sua opera; nelle sue assai denegatorie interviste, Nabokov mostra di tenere assolutamente per certo, per il reverendo Dodgson (in arte Lewis Carroll), ciò che per sé escludeva recisamente e che in realtà è molto dubbio anche e soprattutto per Dodgson: l’accusa di interessi sessuali per le bambine.

"BOB BROWNING, DOLORES, COLO"

Nel percorso di Lolita avviene una brusca inversione a U: come quando negli scacchi una pedina si tramuta in regina, o quando nei giochi dei bambini un tocco inverte i ruoli fra l’inseguitore e l’inseguito, o ancora quando nella Recherche proustiana la prisonnière diventa fugitive (quest’ultima analogia è autorizzata da Nabokov). Lo snodo è situato alla fine del capitolo XXII della seconda parte, nel corso della seconda rapsodica peregrinazione di Lolita e Humbert Humbert fra i motel degli Stati Uniti. Esattamente come nei giochi a prendersi, lo scambio di status corrisponde a un’inversione di rotta del nuovo inseguitore, che immediatatmente (già nel capitolo XXIII) torna sui suoi passi cercando le tracce lasciate da colui che fino a quel momento lo ha inseguito per cercare di indovinarne l’identità. Queste tracce sono enigmatiche, e volontarie: l’ex-inseguitore, prevedendo di diventare presto l’inseguito, ha modellato le sue orme per irridere l’ex-inseguito diventato inseguitore. Si tratta di orme linguistiche: sono le registrazioni, complete di nome e città di provenienza, che l’inseguitore ha lasciato nei vari motel in cui ha soggiornato (talvolta gli stessi della coppia inseguita). Consultando con stratagemmi da detective i registri dei motel, Humbert Humbert riconosce queste tracce e le offre ai suoi lettori nel corso del criptologico capitolo XXIII: talvolta spiega l’allusione contenuta, talvolta dice di averla capita, ma non la spiega; talvolta ammette di non averla capita.
La registrazione "Bob Browning, Dolores, Colo" allude certamente al poeta Robert Browning e al nome anagrafico di Lolita (Dolores). Browning era fra gli autori preferiti di Nabokov, e i riferimenti a lui si susseguono per tutta Lolita (esplicito, e pressoché osceno è il seguente: “una piega del vestito che era rimasta infilata nella fessura di pesca – per citare Robert Browning”). L’allusione dei fuggitivi sarà dovuta alla vita sentimentale del poeta: Browning, uomo assai conformista, aveva dovuto rapire e sposare assai segretamente la sua amata, Elizabeth Barrett, per poi scappare avventurosamente in Italia assieme a lei. Un terzo riferimento, molto più nascosto, lo si può trovare nel nome della prima ninfetta, quella che darà l’imprinting amoroso all’adolescente Humbert Humbert: Annabel Leigh. Il nome ripete, e il cognome varia solo di poco, quello di "Annabel Lee", che è la giovane, sfortunata protagonista dell’omonima poesia di Edgar Allan Poe (altro referente sia di Nabokov che di Humbert Humbert). Ma Annabel Lee, per quanto riguarda il travestimento nabokoviano del suo cognome, si è certo incrociata con Aurora Leigh, titolo di un romanzo in versi di Elizabeth Barrett Browning.
Per quanto riguarda la registrazione "Harry Bumper, Sheridan, Wyo", la località di Sheridan è già presente in un cognome (Agnes Sheridan) dell’elenco dei compagni di Lolita (questo elenco è la matrice di tutta l’onomastica allusiva di Lolita). Nulla nel romanzo specifica che Richard Brinsley Sheridan (1751-1816) è l’autore de I rivali, commedia in cui si finisce per scoprire che due pretendenti alla mano di una ragazza sono la stessa persona (un nobile che si fingeva di essere di origini modeste per venire incontro alla sensibilità romantica della ragazza). In questa commedia è tra l’altro abbondantemente percorsa la tecnica nabokoviana del cognome-definizione: come in Nabokov la vicina di casa di Charlotte Haze si chiama Miss Opposite ("signorina Dirimpetto"), così in Sheridan l’eroe si chiamava Jack Absolute, l’estenuata ragazza si chiamava Lydia Languish (to languish=languire), la zia dai tipici e continui spropositi si chiamava Malaprop (dal francese mal à propos; oggi i vocabolari inglesi fanno risalire malapropism, "papera linguistica, sproposito", al nome del personaggio di Sheridan: come del resto i dizionari italiani, con il sostantivo lolita).
La registrazione "Aubrey Beardsley, Quelquepart Island" è bifida: dentro al romanzo allude alla "Beardsley School" frequentata da Lolita; fuori dal romanzo, allude all’illustratore della Salomé di Oscar Wilde. Beardsley è presente anche nel nome di Aubrey McFate (su cui cfr. qui sotto senhal, fra gli Allegati, e l’Epilogo).
La nostra antologia dalle crittografie da motel di Lolita si chiude con l’ultima, la più "acuminata", e la più enigmistica: "Ted Hunter, Cane, NH" (nella traduzione italiana: "Icaro Cantici, Attica, In").
Siamo infine arrivati al punto. Nel romanzo, Humbert Humbert insegue chi lo ha inseguito, e risolve gli enigmi che costui ha lasciato dietro a sé. Il romanzo non riporta le soluzioni di questi enigmi, o almeno non le riporta tutte. Questi enigmi sono però perfettamente enunciati, e si presume che abbiano una soluzione.
Il lettore di Lolita (il lettore empirico, fantasma di ogni semiologia) deve cimentarsi in proprio con questi enigmi: se non lo fa o non ci riesce la penalità non è la morte (come per Edipo o come Omero), ma la rinuncia a una porzione di senso. Per provarci deve distrarre il suo occhio dalla pagina, uscire dal romanzo e su un foglio di carta permutare le lettere di Ted Hunter, Cane, NH, per scoprire che si tratta del travestimento anagrammatico di Enchanted Hunter (cacciatore incantato: The Enchanted Hunters è il nome dell’albergo fatale in cui Humbert Humbert e Lolita sono diventati "technically lovers"). Tutti i lettori di Lolita sono in questa condizione: persino i traduttori, che hanno dovuto risolvere l’anagramma per sapere quale altra frase nascondere alla prima lettura (an-enigmistica e letterale) dei loro rispettivi connazionali (in italiano Icaro Cantici, Attica, In è anagramma di I cacciatori incantati).
Il lettore nelle vesti di chi insegue il testo? "Quel giorno sull’autostrada non c’era molto traffico; nessuno sorpassava nessuno, e nessuno cercò di insinuarsi fra la nostra umile macchina azzurra e la sua rossa ombra imperiosa – come se un sortilegio aleggiasse su quell’intervallo spaziale, una zona di malvagia giocondità e magia, una zona la cui stessa precisione e stabilità aveva un che di cristallino e di quasi artistico" (LO).
In Lolita, come in molti altri romanzi di Nabokov, la struttura della temporalità interna e il tessuto di giochi (connessioni, simultaneità, incroci, corrispondenze di colori, stati d’animo e fenomeni) si frappongono fra il lettore e il testo come una distanza di sicurezza, instaurano un gioco di reciproca inafferrabilità. Quasi ogni frase lascia la sensazione che ci sia un messaggio cifrato, e che una lettura sufficientemente sospettosa e informata potrebbe spiegare il testo in ogni dettaglio e in ogni connessione. Ma questa lettura è riservata all’autore – se pure ci riesce: l’Autore come modello di Lettore. Per tutti gli altri, la lettura è parziale: l’arto fantasma delle interpretazioni a cui si è dovuto rinunciare si fa sentire, anche solo soffusamente, durante tutte le letture nabokoviane.
Il risultato riguarda la spazialità del testo e dell’universo semantico che gli è collegato (come un’utopia, o meglio un’Antiterra). Camminando da un punto all’altro, inseguita dal lettore circospetto, la lingua nabokoviana esce dalla linearità, e attraversa il testo donandogli un’impensata dimensione di profondità (il libro come mondo cubico è un presupposto del nabokoviano Giorgio Manganelli, in Pinocchio. Un libro parallelo, Einaudi, 1977). Nabokov ha detto: "Se la mente fosse costruita su linee opzionali e se un libro potesse essere letto nel modo in cui un quadro viene percepito dall’occhio, cioè senza il fastidio di lavorare da sinistra a destra e senza l’assurdità degli inizi e delle fini, avremmo il modo ideale di apprezzare un romanzo, perché così l’autore lo ha visto nel momento in cui lo ha concepito" (LL).

ALLEGATI

alliterazioni
La ricerca allitterativa, in Nabokov, è costante ed esplicita: Brian Bryanski, Sullen Sullivan…; "sparrow’s sperm or dugong’s dung" (sperma di sparviero o sterco di starna).
L’incipit di Lolita, in particolare, è una tarantella di consonanze, anagrammi saussuriani, metagrammi carroliani: Lolita, light of my life, fire of my loins. My sin, my soul. Lo-lee-ta: the tip of the tongue taking a trip of three steps down the palate to tap, at three, on the teeth. Lo. Lee. Ta. [Lolita, luce della mia vita, fuoco dei miei lombi. Mio peccato, anima mia. Lo-li-ta: la punta della lingua compie un percorso di tre passi sul palato per battere, al terzo, contro i denti. Lo. Li. Ta.].

cruciverba
Dalle testimonianze che ha reso di sé, sappiamo che Vladimir Nabokov giocava a Scrabble (per gli italiani, Scarabeo; la versione in alfabeto cirillico usata da Nabokov si chiama skrebl; SO); molti anni prima aveva inventato le parole crociate in lingua russa (krestolovicy), per il "Rul", quotidiano della comunità dei rifugiati russi a Berlino (SM). La griglia del cruciverba è inoltre servita qualche volta a Nabokov come metafora: "[…] le quattro, cinque, sette bottiglie vuote dentro il cruciverba incompleto delle loro cellette di legno […]". Ma la metafora cruciverbistica più interessante riguarda i metodi nabokoviani di composizione. All’intervistatore che gli chiede come procede nella composizione, Nabokov spiega che, una volta progettato il romanzo, può incominciare la stesura partendo non dall’inizio ma da un punto qualsiasi: "Lo schema della cosa precede la cosa. Io riempio i vuoti dei cruciverba nel punto su cui cade la mia scelta" (SO).

giochi e giochi di parole
Nabokov si dichiarava poco interessato ai giochi, e molto ai solitari. Gli scacchi per lui non erano i match, ma i problemi - "che compongo in glaciale isolamento" (SO) – e che notoriamente riteneva essere la parte poetica degli scacchi: Poems and problems. In questa dimensione di sfida con se stesso, Nabokov accedeva a quella forma dei giochi che Roger Caillois chiama ludus, e definisce come sottomissione a una regola auto-imposta. Siamo nella prossimità del concetto oulipiano di contrainte, restrizione soggiacente: Nabokov ammirava quel che chiamava il "romanzo" degli Esercizi di stile di Raymond Queneau, prima e più compiuta manifestazione della contrainte (per chiudere il cerchio, quando Queneau era responsabile dell’Enciclopédie de la Pléiade, Caillois ebbe la direzione del volume su Jeux et sports, Gallimard, 1967).
Sotto la sfera del ludus cadono anche i giochi di parole. Interrogato su questi, Nabokov aveva una risposta rituale in tre fasi: dichiarava di aver fatto giochi di parole prima di aver letto l’Ulysses di James Joyce; dichiarava di ammirare nell’Ulysses soprattutto la lucidità; faceva notare che il libro joyciano dei giochi di parole era semmai Finnegans Wake, che a lui – Nabokov – non piaceva (il libro dei giochi di parole di Nabokov è, più di ogni altro, Ada).

Una manciata di altri giochi, che non abbiamo analizzato (tutti da LO):

• Spoonerism (lapsus fondati sullo scambio di lettere):

1. "what the Katter with Misses"; "show Wight Ray" (in maiuscolo le lettere scambiate. Nella traduzione italiana si legge: "perché non mi naci?" e "fammi vedere come si ca");
2. "On the other side of the street a garage said in its sleep – genuflexion lubricity; and corrected itself to Gulflex Lubrication" (dall’altro lato della strada un garage disse nel sonno Lubrica Genuflessione, e si corresse in Genflux Lubrificazione).

• Doppi sensi: "Un libro dal titolo involontariamente biblico: Conosci tua figlia".

• Corrispondenze semantiche o foniche fra nomi propri: Roches Roses, Red Rock, professoressa Redcock.

• Parole nascoste: "Ne manque pas de dire à ton amant, Chimène, comme le lac est beau car il faut qu’ilt’y mène. Fortunato cicisbeo. Qu’ilt’y… Che scioglilingua".

• Costruzioni per analogia: "Phil chiama Philadelfia, Pat chiama la Patagonia".

Senhal
L’uso dei cognomi come maschera è esplicito nei casi in cui (come si è detto) la dirimpettaia viene chiamata Miss Opposite ("signorina Dirimpetto"). Tale onomastica anti-realista può a sua volta essere mascherata da giochi enigmistici, come quello che Victor Hugo avrebbe chiamato una charade à tiroirs: "[…] due professoresse di inglese, la signorina Lester, capelli corti e abiti di tweed, e la signorina Fabian, dalla sbiadita femminilità […]" (corsivi miei).
Un uso rovesciato del senhal lo si ha quando un nome proprio diventa etichetta per una nozione astratta: Humbert Humbert estrae dall’elenco dei compagni di classe di Lolita il nome di Aubrey McFate (diventa McFatus nell’edizione italiana), e soprannomina così il demone che lo possiede e lo guida: il destino di amare ninfette.
Nella sintomatologia onomastica rientreranno anche gli auto-anagrammi di Vladimir Nabokov: la coautrice di Quilty si chiama Vivian Darkbloom (cognome che è anche senhal: fiore scuro): "una donna straordinariamente alta, dai capelli corvini e il profilo di falco". In un’intervista Nabokov evoca infine, fra le sue frequentazioni elvetiche, un certo "Mr. Vivian Badlook" (SO).

EPILOGO

"E ora voglio rivolgere un monito al lettore, affinché non si prenda gioco di me e della mia nebbia mentale. È facile per lui e per me decifrare adesso un destino ormai compiuto; ma un destino in fieri non è, credetemi, uno di quegli onesti gialli in cui basta tener d’occhio gli indizi. In gioventù lessi una volta un romanzo poliziesco francese in cui gli indizi erano addirittura in corsivo; ma non è questo il sistema di McFate – per quanto si possa imparare a riconoscere certi segni oscuri" [LO; corsivi di Nabokov].
NOTA
Il presente "sommario nabokoviano" consiste in una ricognizione frugale e in qualche ipotesi per un lavoro da sviluppare in futuro. È come ridurre il mondo animale a poche diapositive proiettate di fretta in una classe buia, mentre la bacchetta maldestra del supplente cerca di sottolineare qualche notevole anomalia nell’anatomia esterna degli esemplari raffigurati.
Molte citazioni di Nabokov sono tratte dalle edizioni italiane; nei casi in cui era necessario si è fornito anche l’originale nabokoviano.
I libri citati sono:
LO: Lolita (1955; traduzione italiana di Giulia Arborio Mella: Lolita, Adelphi, 1993)
SM: Speak, Memory (1951; traduzione italiana di Bruno Oddera: Parla, ricordo, Mondadori 1962)
PF: Pale Fire (1962; traduzione italiana di Bruno Oddera: Fuoco pallido, Guanda, 1983)
SO: Strong Opinions (1973; traduzione italiana di Gaspare Bono: Intransigenze, Adelphi, 1973)
LL: Lectures on Literature (raccolta postuma a cura di Fredson Bowers: 1980; traduzione italiana di Ettore Capriolo: Lezioni di letteratura, Garzanti, 1982).
Sui doublets di Carroll, si veda The Magic of Lewis Carroll, a cura di John Fisher (1973; traduzione italiana di Emanuela Turchetti, Theoria, 1986).
Di Roger Caillois, i fondamentali testi teorici contenuti nel volume Pléiade citato si trovano anche in Les jeux et les hommes (Gallimard, 1967; traduzione italiana di Laura Guarino, Bompiani, 1981).
Chi fosse interessato a spoonerism, scambi, refusi, parole nascoste, cognomi e pseudonimi più o meno anagrammatici deve sopportare un’autocitazione (Anno Sabbatico, Bompiani, 1995).
Tutta la solidarietà va ai traduttori di Nabokov: questo saggio mostra i punti in cui il loro lavoro diventa più arduo, e sarebbe impietoso non precisare che nessuno se la sarebbe cavata molto meglio di loro. Sui problemi della traduzione dei giochi di parole è appassionante la postfazione di Douglas R. Hofstadter all’edizione italiana della sua ultima raccolta: Concetti fluidi e analogie creative (ed. orig. 1995; traduzione italiana di Massimo Corbò, Isabella Giberti e Maurizio Codogno, Adelphi, 1966), un libro il cui già il titolo pare una metafora della condizione del traduttore.

Questo saggio è stato scritto dall’autore per il numero monografico su Vladimir Nabokov della rivista "Riga" di Marcos y Marcos diretta da Marco Belpoliti e da Elio Grazioli ("Riga 16" : Vladimir Nabokov, a cura di Maria Sebregondi e Elisabetta Porfiri, Milano, 1999, ed. Marcos y Marcos). Lo pubblichiamo qui per gentile concessione dell’autore.

     

 

     

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