Rassegna stampa - Spettacoli
       
      Alice vietato > 18 anni
       
     

Federica Angelini, Alice fa meraviglie a soli dodici anni

Paolo Maier, Nella tana di Alice

Franco Quadri, Ma lo specchio di Alice non mostra più meraviglie

Valeria Ottolenghi, Matematica tra gioco e incubo

Ugo Volli, Quest'Alice assomiglia a Lolita

Rodolfo Sacchettini, Vietato ai maggiorenni

Anna Tonelli, Fanny & Alexander portano lo spettatore nel mondo di Alice

Sara Chiappori, Ecco Alice, il paradosso dell'infanzia

Gianluca Attanasio, Alice dal plexiglass verso la vita

Luca Archibugi, Alice nel paese della matematica

Barbara Petrini, Alice diventerà regina?

Danilo Ruocco, Alice vietato ai 18

Pier Giorgio Nosari, Alice non abita più nel paese delle meraviglie

       
       

    Alice fa meraviglie a soli dodici anni
     

Federica Angelini, Il Resto del Carlino, 22 gennaio 2003

     

 

     

Cosa succede quando una compagnia complessa e talvolta criptica come Fanny & Alexander decide di allestire uno spettacolo come Alice vietato ai maggiori di 18 anni, rivolto a un pubblico anche di ragazzi? Succede che la tradizionale modalità di lavoro della compagnia viene sovvertita per dare vita a un esperimento volto a catturare la soggettiva dei bambini, mettendo al centro della scena una ragazzina. E Virginiasofia Casadio, appena dodici anni, di questo spettacolo non è solo l’ottima interprete, ma anche una sorta di coautrice. “Malgrado sapessimo che sarebbe stata una scelta rischiosa – spiega Chiara Lagani, autrice del copione tratto da Alice attraverso lo specchio di Lewis Carroll – abbiamo voluto lavorare con un bambino proprio per riuscire a cogliere il suo punto di vista rispetto al testo e catturarne le parole. Così abbiamo lavorato a canovaccio, senza battute scritte, per consentire a Virginia di muoversi liberamente e improvvisare, pur dentro regole codificate”. Il risultato è uno spettacolo che gode di una freschezza e leggerezza inedite nel lavoro di Fanny & Alexander, dei quali invece si riconosce l’originalità delle scene e la forza immaginifica. Dietro un vetro, sul palcoscenico, in una stanza deformabile, di gomma e legno, dove gli stessi oggetti tornano più volte modificati nelle dimensioni e nel significato, con un meccanismo di ‘riciclo dell’immagine’ vicino al teatro di figura stesso, Alice racconta il suo viaggio in un mondo a rovescio. Ad accompagnarla per lunghi tratti, i più godibili per ritmo, l’attrice Sara Masotti, bravissima nel ruolo di un’antagonista anch’essa in continua trasformazione e Marco Molduzzi che, invisibile come un burattinaio nella baracca, dà vita allo spazio scenico. Lo spettacolo, che ha debuttato la settimana scorsa con un buon successo di pubblico, da oggi, fino a domenica, torna in replica alle 21 ad Ardis Hall (Via Bondi, 3), sede e laboratorio della compagnia.

       
       

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  Nella tana di Alice
     

Paolo Maier, Il Caffè del Teatro, marzo 2003

     

 

     

Alice nella casa del Grande Fratello Teenager. I maggiorenni non sono ammessi. Loro potranno vedere da fuori, non visti, attraverso una parete a specchio, potranno sentire attraverso i microfoni che porteranno fuori le voci di dentro. Ma l’ingresso resterà interdetto. Quello spazio resterà loro misterioso. Vedranno e sentiranno tutto, e non sarà abbastanza. Il mito di Alice, Lolita vittoriana, moltiplicherà le sue domande.
Presenza costantemente evocata nelle loro produzioni, da Ponti in core a Requiem, l’intraprendente-innocente creatura del reverendo Charles Lutwidge Dogson, insegnante di matematica e logica celatosi sotto lo pseudonimo di Lewis Carroll, si manifesta compiutamente nella recente creazione di Fanny & Alexander, in Alice vietato ai > 18 anni, secondo appuntamento spettacolare del Festival lungo un anno promosso dall’associazione MicroMacroFestival, Teatro delle Briciole Teatro al Parco.
L’amato gruppo ravennate incontra il mito dell’infanzia, recentemente evocato dalla sorprendente e straordinaria presenza del bianconiglio che attraversava il mito di Orfeo ed Euridice rievocato in Requiem, e ne fa nuova icona della propria ricerca teatrale, da sempre tesa a scandagliare le linee d’ombra dell’infanzia e dell’adolescenza, stato nel quale il gruppo si è dato bergmaniano battesimo.
Il regista Luigi De Angelis gioca col linguaggio e scrive le sue note di regia in forma di Teorema dell’ABC, nel quale trovano alfabetico compendio le grandi questioni letterarie suggerite dai due racconti, il linguaggio, l’educazione, le regole del senso e del nonsenso, e quelle sceniche da lui proposte che vi s’innestano perfettamente. Così la risalita della caduta, la rinnovata ricerca del sé passa attraverso la parola, privata però del soggetto mediante la macchina dell’amplificazione, ovvero, secondo la lezione di Carmelo Bene, attraverso la foné. Così il nonsenso si manifesta, in quel geometrico angusto spazio, nelle pareti e nel pavimento di gomma, materiale non commensurabile che nega paradossalmente la sua forma, dipendente dall’azione di un soggetto, dal peso, dalla pressione. “Questo luogo non ha colori – scrive Luigi De Angelis – è in bianco e nero, non garantisce la sfumatura, è un sì o un no, e qui vige la regola geometrica, la regola ferrea degli scacchi. Tra una linea e l’altra l’inciampo possibile in un pavimento gommoso […]. Captiamo ogni parola della bambina mediante un microfono ben esibito: noi siamo pronti a una nuova diretta, come nel caso di Alfredino a Vermicino. Vogliamo captare ogni inciampo, ogni vibrazione. Cosa succede a una bambina se la catapulto in una tana scolastica, esposta al lookism degli adulti qua fuori, per di più muniti di una protesi per catturarne i suoni, le parole? Potrà riscattare le proprie cadute? Mediante cosa? E’ possibile trovare il colore, la vitalità, abbandonarsi a un fluido divenire in un luogo incasellato, così compresso e geometrico, dove la stessa recita è il compito designato? Può l’infanzia rimanere tale, soprattutto nelle pieghe di una logica adulta? E ancora, siamo noi che guardiamo, dentro lo specchio, o viceversa?”

       
       

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  Ma lo specchio di Alice non mostra più meraviglie
     

Franco Quadri, La Repubblica, 3 marzo 2003

     

 

     

A un gruppo ricco di stile e di cultura come Fanny & Alexander, premiato anche all'estero, bisognerebbe chiedere di allargare la sua ricerca al di là dei compiacimenti per le proprie mitologie. Tornare ancora una volta all'Alice di Carroll, può portare a esercitazioni eleganti ma meramente esplicative come questa trascrizione delle peripezie della bimba attraverso lo specchio, forse vietata a ragione ai maggiori dal titolo, se è vero che i piccoli partecipano con maggior gioia all'avanzata dell'eroina da una casella all'altra, verso il confronto conclusivo con le due regine. La scena è una scatola di vetro e all'inizio fa da specchio per il pubblico che si vede riflesso, mentre una ragazza alta e snella (Sara Masotti) lo spia con un binocolo: è l'istitutrice che tra poco entrerà in scena ad accompagnare il viaggio di Alice, quasi fosse una scuola dove dà le sue lezioni private. A cominciare dalla Regina bianca, si traveste allora negli interlocutori dell'allieva: e Virginiasofia Casadio, tredicenne, è una presenza eterodiretta, armata di lenti, microscopi, lampade speciali, che affida al microfono le parole della sua battaglia contro i molti sensi delle parole, in uno spazio gommoso dove il corpo rimbalza. Ma la preparazione meticolosa, rigidamente suddivisa tra Chiara Lagani (in particolare per la drammaturgia) e Luigi de Angelis (regia e scene), si esaurisce nel perfezionismo didascalico di una lettura piatta, senza ironia né scatti inventivi.

       
       

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  Matematica tra gioco e incubo
     

Valeria Ottolenghi, La Gazzetta di Parma, 4 aprile 2003

     

 

     

L'assai stimata, raffinata ed elegante, compagnia Fanny & Alexander è da sempre attratta dall'opera di Carroll, il suo mondo onirico, le ambiguità di parole e sensi, il fascino dell'infanzia innocente vagamente crudele, la capacità di mescolare morte e divertimento, paura e ironia, in creazioni sempre limpide, geometriche, insinuanti. E l'ultima opera, Alice vietato > 18 anni – creazione di Chiara Lagani e Luigi de Angelis, con Virginiasofia Casadio, Sara Masotti e Marco Molduzzi, presentata al Teatro al Parco sia la sera che la mattina per le scuole – si compone di molteplici citazioni, battute, immagini, giochi di parola proprio da Alice nel paese delle meraviglie e Dietro lo specchio, la regina di cuori e gli scacchi, una vasta superficie riflettente in una condizione di scoperta e di prigionia ad un tempo.

Una maestra e il dettato, il pubblico che si osserva nel grande specchio di fronte che si rivelerà parete trasparente: oltre la soglia un altro tempo, la scena del teatro come una strana, insicura aula scolastica, il pavimento a scacchi, di gomma piuma, che rende i movimenti insicuri, instabili. Tra letteratura e matematica, follie di versi, domande impossibili e paradossi logici, lettere dell'alfabetiere, cartelli in bella scrittura, un tavolino che resta sospeso, rotto e intero ad un tempo. Sproporzioni, una gattina immaginaria, bianco e nero alternati, viaggiare per restare nello stesso posto: dietro lo specchio nel mondo rovesciato dei sogni. Occhi di luce/insetto artificiale che scrutano, un braccio mobile come nelle fiere: ma per essere afferrati! Creature da laboratorio? Il mondo dell'inconscio dentro cui rovistare? Ricerca pericolosa! E non può mancare il controllore “super io” pronto a dare ordini... un po' confusi in verità! E cosa rispondere alla quarta casella: sei felice? E c'è anche il rischio di perdere la propria identità quando cambiano i nomi delle cose e delle persone. Remi di gomma/ferri da maglia, uno strano vento, versi di pecora: e le immagini, le parole, si confondono con la realtà stessa. Ma: ci si può sfamare così? Vana si rivela la logica in un mondo di strane connessioni, assemblaggi misteriosi della nostra mente in un'altra dimensione. Festeggiando il giorno del non–compleanno! Con molte più occasioni per ricevere regali! Un libro sospeso, le grandi pedine, nuove apparizioni... Il mondo di Alice, lo spazio scenico come itinerario kafkiano, un'unica stanza dove smarrirsi come in un castello/processo tra ansie e visioni: per essere infine condannati? Anche in Alice si decreta morte con noncuranza. Travolti dall'incubo: ma potendone sorridere nel gioco del teatro.

       
       

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  Quest'Alice assomiglia a Lolita
     

Ugo Volli, Grazia, 8 aprile 2003

     

 

     

Da qualche anno si parla di una nuovissima generazione della sperimentazione teatrale, diversa da quelle che l'hanno preceduta per ragioni formali e di contenuto. In realtà i gruppi sono assai diversi fra di loro, anche se condividono l'età dei loro membri e il contesto culturale in cui sono cresciuti, quello dominato dai media elettronici vecchi e nuovi. Se bisognasse individuare un tema comune, questo sarebbe certamente lo sguardo, e soprattutto lo sguardo desiderante, lo sguardo immerso negli stimoli erotici cui noi tutti siamo più o meno assuefatti. Proprio a quest'ultimo tema si ispira direttamente lo spettacolo del più colto e complesso di questi gruppi, Fanny & Alexander, che si può vedere il 4 e il 5 aprile al Teatro Studio di Scandicci (Fi). Il titolo, un po' enigmatico, è Alice vietato > 18 anni: si tratta del confronto e della sovrapposizione fra la storia della bambina vittoriana Alice di Carroll e dell'adolescente Lolita di Nabokov. Però, com'è comune in questi gruppi, le storie non sono mostrate o raccontate, ma piuttosto alluse, ricostruite nell'installazione ambientale in cui lo spettatore è immerso, date come condizioni del suo sguardo. In questo caso quel che viene messo in evidenza è l'aspetto torbido e confuso della condizione infantile che si guarda in questi personaggi, e soprattutto l'oscurità dello sguardo, il modo in cui lo spettatore ne è attratto: una condizione di disagio, di confusione, di interdetto, che si rispecchia nella costruzione dello spazio dello spettacolo.

       
       

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  Vietato ai maggiorenni
     

Rodolfo Sacchettini, Lo Straniero, nr. 36, giugno 2003

     

 

     

Pensieri, curiosità e soprattutto domande, come quelle che pone Alice. E’ provocatorio fin dal titolo l’ultimo lavoro dei Fanny & Alexander, Alice vietato ai maggiori di 18 anni. E suona tanto strano a noi adulti abituati a “vietare” più che a essere “vietati”.
Spesso nell’ambito teatrale i bambini vengono relegati, come in un ghetto artistico, ad assistere a spettacoli costruiti per l’infanzia, dove il punto di vista dell’adulto ancora una volta diventa quello del maestro che spiega, in toni didascalici, ma non certo pedagogici.
Rompere la convenzione del “teatro scuola” creando un lavoro che sia per tutti, partendo però dallo sguardo dell’infanzia, significa operare in modo non settario, ritenendo l’infanzia non una parentesi anagrafica (da istruire), ma un luogo mentale, un punto autonomo e creativo da cui guardare. Sulla lunghezza d’onda e sulle esperienze della Socìetas Raffaello Sanzio per quanto riguarda il teatro e i bambini, Luigi de Angelis e Chiara Lagani scelgono una strada coraggiosa che porta sulla scena una brava e giovane ragazza di 13 anni (Virginiasofia Casadio).
Alice vietato ai maggiori di 18 anni è il primo lavoro di un dittico che comprende anche l’altro punto di vista, Alice vietato ai minori di 18 anni. Due lati della stessa medaglia (il testo di Lewis Carroll Alice attraverso lo specchio) che pare pongano un inquietante dilemma: quale dei due sguardi è più rischioso? E’ possibile un solo punto di vista privilegiato? Quale metamorfosi se muta la prospettiva?
E del groviglio di sguardi non è facile percepire subito, ma si intuisce la funzione motrice e dialettica nel lavoro. Tanto che un testo poliedrico come quello di Carroll viene contenuto in una room costruita sulla scena: una cameretta in bianco e nero, strutturata a quadrati come fossero le caselle di una scacchiera. All’interno un tavolino e una piccola sedia di gomma e una superficie opaca: il famoso specchio. Ma c’è un altro specchio da attraversare (forse da chi guarda?), quello trasparente che separa tragicamente la stanzetta dei giochi (o dell’infanzia, o aula scolastica) dal pubblico. Che poi sembra funzionare come un filtro, un gelido filtro che rapprende le azioni e i movimenti e proietta le immagini come su una superficie bidimensionale, estraniando e allo stesso tempo concentrando lo sguardo.
L’architettura della scena, che è ben altra cosa dalla scenografia, sembra la soglia privilegiata per collocare noi bambini direttamente nella storia, una sorta di grado di verità necessario alla finzione.
Se in Requiem (2001) la freddezza della superficie teneva a freno con difficoltà un iperbarocchismo di suoni, colori e figure, in Alice i movimenti minimali, lo spazio limitato diventano i segni privilegiati per l’osservazione sotto vetro quasi di un esperimento.
Sulla scena, fuori dalla stanza, appare una figura statuaria, altissima rispetto a noi bambini. Una maestra elementare d’altri tempi con l’abito lungo della regina, inizia con tono severo a presentare la storia, scandendo le parole come un dettato in classe. Dentro la stanza Alice si alza, comincia a passeggiare e, come per dare il via all’avventura (che potrebbe sembrare una recita scolastica), la ragazzina legge sulle mani, a mo’ di libro aperto, la storia di Alice. Mani che poi si mostrano davvero imbrattate dell’inchiostro di lunghe frasi, come suggerimenti durante un esame.
Pare infantile allora la costruzione di uno spettacolo che stupisce e meraviglia, che vede l’oggetto immediatamente trasformarsi e assumere nell’immaginazione un senso completamente nuovo; così il tavolo, cadute all’improvviso le gambe, rimane sospeso in aria divenendo agli occhi di Alice prima un lago e poi una casa. E così anche misteriosamente vengono calati dal soffitto della stanzetta uno specchio, un libro e altri oggetti. Ma se nel nostro immaginario tutto il divenire metamorfico carrolliano assume (colpevole certo anche Walt Disney) i contorni di un mondo spontaneistico e spensierato, F&A colorano lo spazio di tinte bianche e nere, lo riempiono di note metalliche e distorte, non cedendo mai a lenire i contrasti, bensì mostrandoli nella loro crudezza.
La storia è famosissima. Dopo aver attraversato lo specchio Alice incontra una Regina Bianca che le indica il percorso per arrivare all’ottava casella dove anche lei potrà diventare regina. Comincia una corsa impazzita in un viaggio di crescita fatto di obblighi assurdi e doveri indiscutibili. Alice incontra una serie poco rassicurante di adulti e strane presenze: un insetto, un cavaliere, una vecchia che si trasforma da bigliettaia del treno in pecora, una traghettatrice con remi di gomma e infine Humpty Dumpty, prima del conclusivo ritorno della Regina Bianca. E anche se la strada che percorre Alice è tortuosa e riserva mille sorprese, rimane il fatto che sia tragicamente segnata, e gli stessi cartelli indicano ancora una volta un’unica direzione. Casella dopo casella, in una rigida scacchiera educativa con l’obiettivo di arrivare alla mèta prestabilita, che poi sarebbe il conseguimento per Alice della presunta maturità.
F&A leggono il testo in una forte chiave pedagogica, e collocano quindi Alice a fare i conti con una vera e propria scuola (o mondo) di inquietanti adulti (tutti rappresentati da una multiforme Sara Masotti). E osservano, come sul vetrino di un microscopio, il tentativo dei grandi di ingabbiare la vitalità di Alice, in un percorso di crescita mosso esclusivamente dal perpetuare il drammatico scambio di ruoli tra lo scolaro (Alice) e la maestra (la Regina).
Perché infatti nell’ottava e ultima casella la Regina si accovaccia sulle ginocchia della piccola Alice e in uno strano ribaltamento-regressione le chiede di cantare una canzone.
Forse Alice ha finito davvero il suo percorso, forse ora, che ha in braccio la regina-bambina, diventerà lei stessa regina, chiudendo così un circolo angosciante. La voce impazzita di Humpty Dumpty continua a ripetere “ora sei mia prigioniera” e Alice, mentre scende il buio, non riesce a proferire parola se non un “adesso ci provo!” che subito diventa domanda in questo cerchio forse concluso o forse no. Il ribaltamento non viene compiuto fino in fondo; chi impara un giorno insegnerà, sempre in questa geometrica scuola. Non così forse, il fumo e il buio lasciano aperti gli interrogativi. La regina quasi immersa nel sonno ripete gracchiante “cattiva, cattiva…”.
A differenza del testo di Carroll che nella dimensione del sogno e del dubbio chiudeva il racconto, F&A spogliano la storia da tutti gli elementi onirici, che forse oggi apparirebbero consolatori, ricollocando l’esperienza di Alice in uno spazio più concreto, irto di ostacoli, tra realtà e immaginazione.
Il mondo dell’infanzia per F&A è un mito, un totem, qualcosa di centrale nel percorso ormai decennale della compagnia ravennate. Alice è apparsa più volte nei lavori precedenti, in maniera forse collaterale o ricordato solo per citazioni, ma c’è sempre stata. E di più c’è stato il suo sguardo che ha intrigato per quell’incredibile curiosità che serve a scardinare e svelare strane realtà. Che è poi lo sguardo dell’infanzia oggi di Alice domani di Ada (di Nabokov), ieri di Psiche e prima ancora di Romeo e Giulietta, di Pinocchio, senza dimenticare i bergmaniani Alexander e Fanny.
Ricco di suggerimenti e di letture, il lavoro dei F&A diventa spazio di indagini sul teatro stesso e non ultima suggestione risulta il linguaggio contorto e assurdo degli adulti, che, fisicizzato attraverso l’uso costante dei microfoni, finisce spesso in corticircuiti tra significato-significante-referente. La lingua, spiega Humpty Dumpty, segue le logiche inquietanti del potere, chi comanda ne decide il senso, anzi “se vuoi che significhino il doppio, devi pagarle il doppio”. Perdendo la lingua in un groviglio di paradossi non giocosi ma allarmanti, si mette in discussione la stessa possibilità di un tessuto sociale, a cui però si contrappone la ricerca di “sostanza” e di “senso” di Alice, mossa da una costante “Fame” di bergmaniana memoria. Nessuna risposta ma solo altri interrogativi alla domanda gelida posta dal teorema messo in scena dai F&A.

       
       

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  Fanny & Alexander portano lo spettatore nel mondo di Alice
     

Anna Tonelli, La Repubblica - Bologna, 16 luglio 2003

     

 

     

Guardare il mondo capovolto. Per un giorno piacerebbe a tutti vestire i panni di Alice e provare a vivere in una dimensione fantastica. E’ quello che propone la compagnia Fanny & Alexander invitata dall’Associazione Xing a mettere in scena stasera “Alice vietato > 18 anni” all’Ex Bologna Motori, in via Creti 24.
Dopo il successo ottenuto al festival di Santarcangelo anche con il nuovo “Ada, cronaca familiare”, il gruppo di Ravenna ambienta il viaggio dei rovesciamenti attraverso cunicoli, passaggi e sprofondamenti con la protagonista dodicenne pronta a investire gli spettatori in una sorta di gioco delle trasfigurazioni. Tutto lo spettacolo, piacevole e coinvolgente, ruota attorno al mito di Alice che conserva il candore di fronte al mondo nel timore di lasciarsi schiacciare dalla visione cruda e realistica degli adulti. La storia di Alice viene ricostruita come il pellegrinaggio di un bambino che passa dall’immemore fanciullezza ad un’adolescenza più consapevole, dove si mostra la difficoltà della protagonista ad inserirsi nei codici di una realtà fatta di crudezza e dolore.
E’ uno spettacolo in cui si torna bambini con gli spettatori chiamati a guardarsi allo specchio come antidoto contro le asperità della vita. Il testo di Carroll è solo un pretesto per cercare di interpretare la società contemporanea dove è difficile inserirsi. E piuttosto che fare i conti con la quotidianità sempre uguale a se stessa, è preferibile avere una visione all’incontrario con le regole che si frantumano a piacimento. Una fuga dal reale con le armi della fantasia e dell’immaginazione.
L’ideazione dell’Alice in versione post-moderna si deve a Chiara Lagani e a Luigi de Angelis che ha curato anche la regia, le scene, le luci e la colonna sonora. In scena Virginiasofia Casadio, Sara Masotti e Marco Molduzzi.
Come tutti gli spettacoli di Fanny & Alexander, ormai conosciuti come fra i migliori gruppi del teatro di ricerca sono infatti molto curate le scene, i costumi e gli allestimenti che costituiscono lo sfondo ideale sul quale ambientare il racconto riletto attraverso una drammaturgia veloce e coinvolgente.

       
       

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  Ecco Alice, il paradosso dell'infanzia
     

Sara Chiappori, La Repubblica - Milano, 10 dicembre 2003

     

 

     

Arrivano dalla Romagna, terra teatralmente feconda che ha partorito generazioni di artisti della scena, come i loro “cugini” maggiori della Socìetas Raffaello Sanzio o del Teatro delle Albe. E come anche i loro coetanei, tutti emersi negli anni Novanta e salutati dalla critica come la “nuova ondata” del teatro di ricerca italiano, Motus, Teatrino Clandestino, Masque.
Il gruppo Fanny & Alexander sbarca a Milano con l’ultimo spettacolo, presentato quest’estate al Festival di Santarcangelo, Alice vietato > 18 anni. Dopo i lavori precedenti (Con mano devota, Romeo e Giulietta – et ultra, Requiem), ecco ora uno spettacolo che il gruppo, da sempre affascinato e sedotto dal tema dell’infanzia, inseguiva e sognava da tempo. Un viaggio in compagnia di Alice tra le sghembe prospettive di quel mondo “oltre lo specchio” che qui diventa cubico contenitore in bianco e nero, un po’ onirica stanza dei giochi un po’ terrorizzante aula di scuola. Dove gli oggetti, compreso il geometrico pavimento a scacchiera, esibiscono consistenze diverse, paradossali e gommose, a disegnare la mappa di un impossibile percorso di iniziazione alla vita e all’età adulta. Tra domande che non vanno poste ed enigmi senza soluzione, filastrocche e lavagne, regine di cuori e gelide maestre, passaggi e fessure, sguardi rovesciati e porte che è proibito aprire. Mentre il pubblico è costretto a osservare da fuori l’infinita, misteriosa ossessione del paradosso dell’infanzia. Che in fondo è un po’ anche il paradosso del teatro.

       
       

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  Alice dal plexiglass verso la vita
     

Gianluca Attanasio, Il Tempo, 25 marzo 2004

     

 

     

Perdita di contenuti, incapacità di sperimentare nuovi moduli estetico/espressivi: di questo viene sempre più spesso (e non sempre a giusta ragione) accusato il nostro teatro. Tuttavia, basterebbe seguire il lavoro di ricerca che produzioni come “Fanny & Alexander” portano avanti da lunghi anni, per verificare che fortunatamente esiste un “nuovo che avanza”: ai giornalisti ed al pubblico d'ogni età la voglia e l'impegno di raccoglierne i risultati, ma soprattutto gli effetti. “Alice vietato maggiori 18 anni” è l'ennesima dimostrazione che “Fanny & Alexander” dà di come sia possibile comunicare ad una platea di ragazzi messaggi formativi, legati all'esperienza della crescita, nonché a tutte le problematiche ad essa legate. In questo allestimento, ideato da Chiara Lagani e Luigi de Angelis (il quale ha curato anche regia, scene luci e colonna sonora) la visionarietà d'un testo costruito principalmente sulla sensibilità dei ragazzi, si fonde con la capacità di stupire anche un pubblico adulto quanto mai esigente. Loops e vibrazioni sonore digitali, diavolerie meccanico/ robotiche ed audiovisive, rendono ancor più perturbante (e per questo incisivo) lo scenario metalinguistico entro cui si snoda la scena. Originale l'idea di rinchiudere metaforicamente Alice (interpretata dalla promettente tredicenne Virginia Casadio) in una stanza/prigione (la vita, l'esistenza?) ovunque costellata da caselle bianche e nere, come la scacchiera di una enorme dama. Al suo fianco, una sprezzante guida femminile (Sara Masotti) che cambia di volta in volta sembianze e percorsi, conducendola verso l'ottava casella, quella che trasformerà la bambina in una regina. Spiazzante poi l'idea di dividere dal pubblico tempo scenico ed azione attraverso una maestosa vetrata. In tal modo, Alice/Casadio vive come in una scatola trasparente (ma allo stesso tempo labirintica) oltre la quale può scorgere la realtà, ed i suoi incomprensibili abitanti: gli adulti. Prigionieri di una dimensione con la quale Alice, una volta divenuta regina, dovrà subito fare i conti. Una dimensione che probabilmente non le piacerà più di tanto. Uno spettacolo da consigliare proprio a tutti questo “Alice vietato 18 anni”, soprattutto a chi ha voglia di fantasticare, di guardare ancora una volta la realtà con gli occhi ingenui – ma attenti – di un bambino.

       
       

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  Alice nel paese della matematica
     

Luca Archibugi, Il Corriere della Sera - Roma, 27 marzo 2004

     

 

     

Rispetto all' “Alice” di Bob Wilson, se ci è consentito il paragone, lo spettacolo “Alice vietato > 18 anni” del gruppo Fanny & Alexander ne è l'opposto complementare. Fra le numerose scorribande del teatro di ricerca nel testo di Lewis Carroll alias Charles Dodgson (ossessivo fotografo di bambino oltre ad essere – insieme a tante altre cose – l'autore di “Alice nel paese delle meraviglie”) sono i due risultati – fra quanti ci è dato conoscere – più distanti e antitetici. In che senso? Nello spettacolo di Wilson – ormai un classico – tutto è fioritura vitale, scherzo paradossale e coinvolgimento musicale (le composizioni di Tom Waits sono fra le sue cose migliori). È un Carroll riproposto al calor bianco. Tutt'altra cosa la proposta del gruppo ravennate: algida, funerea, geometrica. Talchè, se si vuole, a disturbare è l'eccesso di fedeltà, o di affinità. La messa in scena, vietata ai “maggiori” di diciotto anni, sprofonda nelle manie di Carroll – Dodgson senza nessuna mediazione interpretativa. Sembra paradossale in uno spettacolo di Fanny & Alexander, in cui la rielaborazione è sempre presente,. Eppure, al di là della superficie, è proprio la prigione matematica dell'autore britannico a essere riproposta, senza la via d'uscita – solo a tratti un buon farmaco – della “fantasia” della colorazione e – soprattutto – della versatilità. La scacchiera bianca, nera e grigia (per via delle sue ombre) è protagonista, i paradossi logici dominano il campo e l'ironia è febbrile e disturbata, l'ansia infantile cozza contro l'assurdità di un mondo incomprensibile. Tutto ciò, giustissimo in sé come distruzione delle illusioni, resta però puramente denotato, logico. Così anche il testo, riproposto nella sua flagranza, con stralunate voci da fiaba tipiche della maniera del gruppo, non trattiene l'asciuttezza della scena (bella comunque – visivamente – la soluzione scenica della scatola di vetro in cui il pubblico guarda se stesso e alcune invenzioni nella recitazione, che a tratti ricorda il “dettato” delle elementari). Notevole Virginiasofia Casadio nella parte di Alice.

       
       

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  Alice diventerà regina?
     

Barbara Petrini, Il Paese delle Donne, 14 aprile 2004

     

 

     

“Nulla sarebbe ciò che è, perchè tutto sarebbe ciò che non è, ed anche il contrario – ciò che è non sarebbe e ciò che non sarebbe, lo sarebbe. Vedi?” (Lewis Carroll)

Questo credo che sia il punto di partenza per parlare del lavoro teatrale di Fanny & Alexander, “Alice vietato > 18 anni” ideazione Chiara Lagani e Luigi de Angelis, drammaturgia Chiara Lagani interpretato da Virginiasofia Casadio, Sara Masotti e Marco Molduzzi per la regia di Luigi de Angelis.

Alice è il mito, l'amore per l'enigmistica, ma soprattutto è il racconto della discesa agli inferi ritrovandosi dall'altra parte. È la scoperta di un mondo speculare al nostro dove la gente cammina a testa in giù; è lo spazio della riflessione, dove i segni sono rovesciati nel loro significato indicando messaggi invertiti. Loro lo hanno immaginato come un mondo in bianco e nero, dove gli oggetti hanno un'altra funzione e tutto è insondabile, in cui Alice gioca una partita a scacchi, poco ortodossa, per diventare Regina.

Ed è il gioco a rivelare il mondo feroce e incasellante del linguaggio capace di creare vite immaginarie, riflesso del pensiero altrui soprattutto nell'adolescenza. Alice, in questa partita a scacchi impara a difendersi usando proprio il linguaggio, una specie di duello verbale per affrontare l'assedio del mondo. Ma la sua storia è anche un sotterfugio per obbligarci a guardare al di là dello specchio, senza incorrere nella censura e nel divieto.

Allo spettacolo andato in scena al Teatro Vascello di Roma (23-28 marzo) è seguito un incontro con la compagnia, organizzato da “Diari per una regia teatrale” (Università degli studi di Roma “La Sapienza”, Facoltà di lettere e filosofia). Un dialogo per scoprire nelle loro parole chi sono Fanny & Alexander: “è un nome schermo inventato da Chiara e Luigi o forse il titolo di un film di Bergman. Ma potrebbe anche essere una probabile sigla inventata da due bambini, anzi una coppia di bambini per contenere tutte le ossessioni dell'infanzia e dell'adolescenza.

Sicuramente è il luogo simbolico per riadattare e reinterpretare gli spazi agiti dalla coppia in generale e più precisamente dalla relazione di coppia nella sua duplicità. La vita immaginaria di Fanny & Alexander è un misto tra fiction e realtà una conseguenza dell'arte che si mischia con la propria vita; un artista collettivo nel quale a volte si rintracciano i segni dell'autobiografia e altre di una costruzione immaginaria”. Cosa implica lavorare con Virginiasofia Casadio che è un'adolescente vera e propria? “È un gioco, ma serio sia per noi che per Virginia. Lei lo vive come il racconto dell'autobiografia di un'adolescente non stereotipata. Ma quando non è in scena ha tutte le caratteristiche delle sue coetanee”.

       
       

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  Alice vietato ai 18
     

Danilo Ruocco, Il Giornale di Bergamo, 1 aprile 2005

     

 

     

È spettacolo sofisticato e un pò criptico l' “Alice vietato 18” realizzato dalla compagnia Fanny & Alexander. Spettacolo che incentra il proprio svolgersi sul concetto di visione: ecco, allora, che il pubblico entra in una in una sala di teatro semibuia, illuminata da due fari posti sul palcoscenico in direzione proprio della platea (ovvero in una direzione opposta a quella consueta che vuole che la luce vada dalla platea a illuminare il palcoscenico); ecco, allora, che lo spettacolo della favola riflette il pubblico; ecco che un'attrice guarda il pubblico e, mentre gli fa un dettato, lo scruta con un monologo da teatro. Quando, poi, “Alice” (o colei che crede di essere tale) entra in scena, lo specchio è scomparso per dar luogo a una “quarta parete” completamente trasparente che divide il pubblico dagli attori in scena. Una parete che, però, dà al pubblico la sensazione di vedere gli attori come se essi fossero in un acquario, sensazione amplificata dagli effetti audio dei microfoni che distorcono la voce degli interpreti dandole un vago effetto di eco o di lontananza. Il tutto con un sottofondo come di disco al vinile graffiato. A ciò si aggiunga il fatto che “Alice” ha la favola tatuata sul corpo e si avrà il senso dello spettacolo: gli spettatori assistono (o credono di assistere) a una favola (quella di “Alice nel paese delle meraviglie”) troppe volte già ascoltata (ecco il perchè l'effetto di disco rovinato dal tempo) o troppe volte letta (le scritte sul corpo dell'attrice). Forse, però, gli spettatori, nel mentre assistono alla realizzazione scenica della favola sono da essa visti e messi in scena (ecco allora il perchè i faretti illuminano il pubblico mentre entra ed esce dalla platea, ecco il perchè lo specchio ne rifrange le sagome)... E se al di là dello specchio non ci fosse un mondo meraviglioso, ma il nostro?

       
       

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  Alice non abita più nel paese delle meraviglie
     

Pier Giorgio Nosari, L'Eco di Bergamo, 4 aprile 2005

     

 

     

“Alice vietato anni 18” dei Fanny & Alexander è una camera chiusa: come certe “wunderkammer” del '700, le case di bambola dell'800, certi carillon. È una cella scenica di 4 metri per 2, vista giovedì scorso all'auditorium di piazza Libertà per gli “Altri percorsi” di Teatro Donizetti.

É un circolo vizioso: un gioco dell'oca nel quale si torna sempre alla prima casella, un gioco di scacchi in stallo. È una macchina per guardoni: la camera in cui si muovono Alice e la Regina Bianca ha una parete di vetro, che corrisponde all'interno – dello spazio scenico come della finzione – a uno specchio.

Non si può parlare degli spettacoli di Fanny & Alexander senza iniziare dall'ambiente fisico nel quale riassumono, volta per volta, la scena. E nel quale fanno implodere le relazioni tra scena e platea. In “Ponti in core” era un teatrino anatomico, una funerea bomboniera metallica. In “Sinfonia Majakovskiana” era uno spazio absidale a lastre di piombo, in “Requiem” un muro rosso infernale, in “Ardis I” una stanzetta. In “Alice” è una camera incorniciata da un arco scenico a cui sono appesi cartelli didattici, come in una classe scolastica di un secolo fa. L'effetto è un ibrido straniante tra il teatro della “quarta parete” di fine Ottocento e l'installazione – preformance di fine Novecento.

Il gruppo ravennate non accetta mai lo spazio teatrale come un dato a priori. Lo deve letteralmente rifare. È la costruzione–costrizione di un punto di vista: la scena vincola la visione degli spettatori. Allo stesso modo, il soggetto dello spettacolo non è mai un copione, una forma scenica data: è un'occasione poetica o letteraria. Qui è il ciclo di “Alice” di Carroll, già accennato in “Requiem”. Di più: non ci sono storia o personaggi, ci sono i simulacri di un'inquietante condizione umana.

Questa barocca macchina scenica postmoderna si spinge al limite dove non c'è più rappresentazione, e al di là del quale non c'è più nemmeno spettacolo. È un rischio calcolato e reiterato, da parte di un gruppo non facile, ma necessario: è necessario che qualcuno si assuma il rischio di immergersi fino alle radici della propria ispirazione, per bruciarvi un linguaggio autonomo. E intanto, attraverso i motivi della segregazione, della regola e del gioco, i Fanny mettono in scena il circolo della crescita e dell'educazione: Alice (Virginiasofia Casadio) è spiata, parole e respiri sono rubati da un microfono calato dall'alto, una Regina–educatrice (Sara Masotti) la guida su una virtuale scacchiera, fino a scambiarsi ruoli.

La vertigine dello sguardo dello spettatore è la vertigine della perdita dell'identità, l'ambiguità tra educazione e costrizione, una frontiera oltre la quale l'infanzia non è più innocente, la maturità è omologazione, i ruoli si fanno intercambiabili. Anche le identità (qui sta l'inquietante) lo sono.

Il candore infantile si scontra con la formalizzazione di un itinerario iniziatico: è un gioco di specchi rispetto al quale lo spettatore–adulto è responsabile (per lui avviene tutto questo) e vittima (è costretto a uno sguardo straniante), Regina e Alice, ingenuo e perverso.

       
       
       
     

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